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giovedì 12 luglio 2012

Il LIKE personalizzato


Ti sei mai chiesto quali sono i passi che un consumatore compie prima di acquistare un tuo prodotto?

Ecco qui il funnel (imbuto) che indica le fasi pre-acquisto dei tuoi clienti. Forse ti starai chiedendo: Cosa hanno in comune un imbuto e un “like”? Leggi questo articolo fino in fondo e lo scoprirai :)

Ecco qui il funnel d’acquisto in formato grafico, di seguito ti illustro passo passo le sue fasi. 

Conoscenza 
In questa fase il consumatore scopre il tuo brand a prescindere dal fatto che desideri o meno acquistare i tuoi prodotti in quel momento. Questa fase può essere caratterizzata da un messaggio pubblicitario, il passaparola o semplicemente scoperta casuale.

Interesse
Questa fase rappresenta il momento in cui il consumatore inizia a pensare all’acquisto del prodotto. Questo suo interesse potrebbe essere innescato da un evento, un mutamento di circostanze, un aumento dello stipendio, un bisogno o anche un messaggio pubblicitario. 

Ricerca e familiarità 
In questa fase il consumatore ha già deciso di acquistare, mosso semplicemente dal desiderio di avere un prodotto simile al tuo o perché ne ha un reale bisogno. Probabilmente inizierà a leggere recensioni, prenderà familiarità con il prodotto scoprendone le caratteristiche, effettuerà dei confronti e chiederà opinioni ad amici e conoscenti. 

Questa fase del processo d’acquisto potrebbe durare poco o molto, anche influenzata dal valore del prodotto. Infatti, il tempo che un consumatore dedica alla ricerca e alla comparazione di un’auto non è lo stesso che dedica alla scelta di un panino con la mortadella :-).

Lista e opinioni 
Il consumatore selezionerà in un elenco, in nota mentale o tramite preferiti del browser, quelli che sono gli acquisti più probabili in base alla ricerca che ha compiuto in precedenza. 

Considerazioni
In questa fase è probabile che il consumatore, per decidere quale sarà l’acquisto migliore, sceglierà di testare i prodotti inseriti nella precedente lista tramite un "test-drive", partecipando a una dimostrazione live dei prodotti o chiedendo un parere a qualcuno che ha già acquistato uno di quei prodotti. 

Acquisto
Una volta scelto il "brand", il consumatore visiterà l’e-commerce o fisicamente il punto vendita dove concluderà l’acquisto. 

Ora Parliamo di Facebook 
In queste ultime settimane, molti articoli online hanno illustrato delle nuove "azioni" facebook oltre il classico “mi piace”, che permetteranno la creazione di pulsanti da aggiungere ai siti web. Molti di questi articoli prendevano in considerazione le seguenti azioni:

Like 
Want 
Buy

Rispettivamente mi piace, lo voglio e compro.

Tutto molto bello, ma siamo sicuri che la gente sarà disposta a cliccare su questi pulsanti aggiuntivi? Tra l’altro, per quale motivo dovrebbero cliccare? quale beneficio ne trarrebbero? 

Nelle fasi del processo d’acquisto è molto difficile convincere un utente a cliccare su quei pulsanti, anche perché nelle fasi pre-acquisto il consumatore è ancora indeciso.

E se ti dicessi che dopo l’acquisto… ? 

Subito dopo l’acquisto, specialmente se il prodotto acquistato è uno status symbol (vedi l’auto o il cellulare di ultima generazione) il cliente potrebbe esser felice di comunicare a tutti, soprattutto ai suoi amici, il suo nuovo acquisto. Se ci pensi è quello che facciamo un po’ tutti dopo aver concluso un acquisto “non comune”. 

Quindi, perché limitarsi a quei 3 pulsanti? E se esistesse un pulsante relativo ad una fase post acquisto che incrementa la visibilità della tuo brand? 

In alcuni casi, il pulsante “own” o “use” potrebbero avere un CTR maggiore rispetto ai pulsanti like, want e buy, perché fanno leva sull’euforia dei clienti che si sentono appagati nel far sapere ai loro amici (e non solo) che possiedono o utilizzano un determinato prodotto. 

Questi pulsanti potrebbero scatenare dei post automatici con messaggi contenenti una leva persuasiva molto più potente dei semplici like, want o buy. Ecco un esempio di post automatico generato subito dopo il click sul pulsante “own” se fosse stato integrato sul sito della Apple. 

Fonte: FBStrategy

lunedì 9 luglio 2012

Psicologia del buyer

ll costo totale si carica di costi psicologici latenti, il rientro totale si può caricare di rientri psicologici addizionali.
Un buyer di fronte ad un acquisto di un nuovo sistema operativo per i PC aziendali (costo: 100.000 dollari iniziali), con prove che esso consenta di risparmiare 100.000 dollari annui in costi di manutenzione, per una durata del sistema di 5 anni, producendo inoltre una maggiore affidabilità complessiva. In totale, l'operazione diviene a costo 0 per il primo anno, e consente un guadagno di 100.000 dollari per i restanti 4 anni. Ma fino a questo punto saremmo all'interno dei rientri funzionali. Il rientro psicologico è dato dal fatto che a quel punto il buyer sarà diventato improvvisamente colui il quale ha saputo reperire importanti risorse addizionali per l'azienda, denaro fresco da investire in nuovi progetti. Questo può costituire un motivo di vanto e una spinta addizionale ad un ambito passaggio di grado, che la persona attende da anni. In altre parole, l'acquisto non viene più valutato puramente in termini di rientri fisici o funzionali, ma viene valorizzato da rientri psicologici (potere, carriera, immagine personale in azienda), e questo ne aumenta il valore. Il flusso di rientro si carica di orizzonti psicologici positivi, personali o legati alla reazione attesa dei gruppi di riferimento (sociali/normativi).
Il vero problema nasce quando il buyer diventa sensibile unicamente al fattore risparmio e non ai flussi di valore addizionali che una proposta può apportare (innovazione, skills, know-how). Questa focalizzazione sui soli costi rappresenta una vera patologia cognitiva del buyer, che danneggia l'impresa per la quale lavora, anche se a volte è l'impresa stessa ad infondere nel buyer tale cultura.
Esaminiamo un caso diverso, l'imprenditore che acquista il sistema di e-commerce evoluto. In questo caso l'acquisto rappresenta non solo un salto di qualità nel management commerciale, ma un motivo di vanto presso il gruppo di imprenditori e colleghi che lo circondano. Sostanzialmente, diventa fonte di orgoglio e autorealizzazione, facendo sentire l'imprenditore come colui che ha saputo portare l'innovazione nell'azienda. In questo secondo caso avremo un carico addizionale di self-image che aumenta il peso del rientro psicologico totale. L'atto di acquisto va gestito, da parte dell'operatore di marketing, ponendo attenzione sia ai costi psicologici latenti che ai rientri psicologici potenziali.

La scelta di acquistare o meno emerge da un insieme di ponderazioni relative al costo totale e al rientro totale dell'operazione di acquisto.

Fig. - Relazione costo/rientro come fattore decisionale del cliente



In termini di strategie aziendali di vendita, il percorso psicologico del venditore deve esplorare entrambi i quadranti. Soprattutto, la comunicazione di vendita deve possedere l'abilità di (1) creare interesse per il rientro totale, sviluppando argomentazioni che si basino sulle utilità soggettive del cliente, e (2) creare un posizionamento percettivo efficace del costo di separazione totale (strategia di framing dell'investimento). In altre parole, la strategia di framing deve riuscire nell'intento di minimizzare il costo psicologico per il cliente.

Il modello Costo Totale / Rientro Totale, sopra esposto, è importante per la nostra elaborazione in quanto ci permette di affrontare un problema: il focus della comunicazione (pubblicitaria o di vendita), troppo spesso incentrato sulla emissione di parole a vuoto, che non hanno relazione con le utilità soggettive del cliente, con i costi latenti e i rientri psicologici latenti.

Principio 1 - Della differenza positiva tra rientro totale psicologico e costo totale psicologico.

La competitività aziendale dipende dalla capacità di:
capire i costi totali di separazione connessi all'acquisto (costi monetari + costi psicologici percepiti o latenti) e saperli ridurre tramite la comunicazione;
sviluppare comunicazione efficace in grado di esaltare l'intensità dei rientri totali (funzionali e psicologici), sapendo inserire valore psicologico nel pacchetto di offerta;
sviluppare comunicazione efficace relativa al bilancio totale dell'operazione di acquisto, in cui i rientri totali percepiti (funzionali e psicologici) superino i costi totali percepiti (economici e psicologici).
Fonte: Psicologia di Marketing e Comunicazione di Daniele Trevisani

sabato 23 giugno 2012

Il tariffario del Web Copywriter

Non esiste un tariffario per chi lavora scrivendo per il web. Non è una categoria riconosciuta, come quella dei giornalisti ad esempio, e non ha un documento ufficiale che attesti la professione. Per capire meglio come funziona il tariffario ipotetico di un web copywriter si può iniziare partendo da due situazioni: la prima è quella del dipendente, la seconda è quella del libero professionista.

Lavorare come dipendente (in un’agenzia di comunicazione o come responsabile del settore contenuti in un’azienda) significa avere uno stipendio fisso e non dipendere da compensi che si calcolano in ore di lavoro o tipologia di progetto. In questo caso tutto è più semplice, perché si accetta un posto di lavoro sapendo di avere a disposizione uno stipendio tot per ogni mese lavorativo. Il contratto viene firmato all’inizio del lavoro ed eventuali aumenti vengono stabiliti nel corso degli anni. Questo dovrebbe essere (il “dovrebbe” è doveroso) il normale svolgimento del lavoro di (web) copywriter come dipendente.

La seconda situazione è quella più problematica. In questo caso parliamo di un professionista definito “libero”, nel senso che lavora con una propria attività e offre le proprie competenze a più clienti, senza un datore di lavoro fisso se non se stesso. È qui che sorgono i dubbi sul tipo di tariffario che ogni professionista può o deve applicare e c’è molta confusione sul tema. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Compenso a tempo o a progetto?

La prima distinzione da fare è quella relativa alla tipologia di compenso che si vuole scegliere. Il compenso a tempo prevede una retribuzione divisa in ore di lavoro: ad esempio 20,00 euro ogni ora. In questo caso è necessario avere chiara la situazione lavorativa da affrontare, bisogna stimare cosa sarà necessario per completare il lavoro e trasformare il tutto in ore effettive.

Hai un articolo di 400 parole da scrivere e il tema è il clima della fascia europea settentrionale? Fai un calcolo del tempo che ti servirà per fare ricerche sul tema, individuare i punti salienti di ogni fonte, trovare conferma di ciò che hai trovato, riassumere tutto in un testo, rileggere e correggere eventuali errori, scrivere utilizzando le competenze adeguate al web. Una volta stimato il tempo necessario dagli un costo e, se hai tasse da pagare, aggiungi qualcosa al totale. Un lavoro doppio, a mio avviso.

Io preferisco lavorare scegliendo un compenso che vada a progetto, per due buoni motivi: credo che ogni lavoro sia diverso dall’altro e trovo poco affidabile suddividere un progetto a tempo, a causa della mia organizzazione lavorativa. Quando ho un lavoro da consegnare non lo suddivido mai in ore. Organizzo il lavoro procedendo per gradi, ecco perché non posso calcolare una tariffa oraria precisa.

Riprendiamo lo stesso esempio: un articolo da 400 parole sul clima della fascia europea settentrionale. Il procedimento è lo stesso di prima, quindi si fanno le dovute ricerche, si selezionano le fonti, si prendono i dati salienti, si cercano le conferme, si riassume tutto nel pezzo, si scrive con le regole di base e si rilegge il tutto.

Cosa cambia, dunque? Semplicemente non faccio tutto nello stesso giorno. Solitamente si hanno almeno un paio di giorni prima della consegna e io utilizzo questi due giorni per suddividere i gradi di lavoro: il giorno 1 faccio le ricerche, seleziono i dati e li confronto con le fonti, il giorno 2 scrivo il pezzo, il giorno 3 lo rileggo, lo correggo e lo consegno. In questo modo prendo tutto il tempo necessario per fare un ottimo lavoro.

Il calcolo del costo lo suddivido prendendo in esame il tipo di articolo (post su un blog, article marketing, articolo scientifico ecc…), il numero di parole richieste, la difficoltà dell’argomento e, a tutto ciò, unisco una piccola maggiorazione per le tasse, avendo Partita Iva. È un metodo che utilizzo da sempre e non ho mai avuto problemi a gestire i costi del mio lavoro.

Quanta esperienza hai?

Altro fattore importante è l’esperienza. In base a questa si può avere un prezzo diverso per ogni lavoro. Inizialmente è normale ricevere compensi più bassi (attenzione, più bassi ma non miseri, come si vede spesso tra gli annunci) ed è normale avere bisogno di esperienza: lo studio è solo una parte della formazione, è lavorando “sul campo” che si impara veramente a scrivere per internet.


Non c’è nessun motivo per alzare i prezzi se si è all’inizio, ma si può fare dopo, quando la professionalità aumenta e le competenze danno prova di ciò che si realizza con il proprio lavoro. Un portfolio parla sempre più di un CV, in certi casi.Quando si ha un’esperienza consolidata si può pensare di fare qualche modifica al proprio tariffario, sia orario che a progetto.


Un pensiero alla Partita Iva

Lavorare in proprio con Partita Iva presuppone una spesa non indifferente. È questo il motivo per cui aggiungo un piccolo fisso per ogni lavoro che faccio. Nulla di esagerato, solo un bonus per mantenere le spese annuali che andranno nelle casse dello Stato. Oltre a dover vivere con il lavoro, si devono pagare anche le tasse, ricordiamolo sempre!
E gli sconti ai clienti?

Esistono anche questi e io, ogni tanto, ne applico alcuni. Ad esempio mi capita di fare un piccolo sconto quando si tratta di una certa quantità di lavoro: se al cliente servono 100 articoli ed è il primo contatto lavorativo offro un piccolo bonus/regalo che prevede uno sconto del 5% in fattura. Una piccola cortesia che permette al cliente di legarsi al professionista e al professionista di avere ottime probabilità di essere ricontattato per lavori futuri.

Tirando le somme posso dirti con certezza che il tariffario di un web copywriter è un problema non indifferente, perché al momento esistono diverse tipologie di compenso e non tutte prevedono una tariffa oraria. Se si ufficializzasse la professione ci troveremmo a discutere su come tradurre il lavoro in tariffa oraria e, sono sicura, avremmo di nuovo casi di tariffe ufficiali e tariffe personalizzate.

Google Wonder Wheel is Back, and It’s Called the Contextual Targeting Tool [Tutorial]

Keyword research is a critical component to a solid and rounded SEO strategy.  When you break it down, you need to know what people are searching for in order to target the right terms.  Keyword research fuels your content generation strategy.

I use a wide range of tools when conducting keyword research and each has its own purpose.  In the past, one of my favorite free tools was Google’s Wonder Wheel.  You’ll notice the word “was” in the last sentence.  That’s because Google shut down the tool last year, while many search engine marketers screamed a collective “NO!!” while it was happening.

Many people in the industry used Wonder Wheel to visually find related keywords, which often helped expand your keyword research (down the right path based on data).  Wonder Wheel’s related terms were based on Google data (same session searches), so you knew the terms being displayed made sense.

Also, the visual nature of wonder wheel made it very interactive and easy to use, while returning a smart path for search engine marketers performing keyword research.

As you clicked a word, related terms appeared around that term. As you clicked related terms, it became the anchor word, with more terms appearing around it.  So on and so forth.  It was a phenomenal way to find related keywords in an interactive and visual way.  Needless to say, we all missed the Wonder Wheel. An example of using Google Wonder Wheel to find related searches:
An Example of Using Google Wonder Wheel
Image from Tech Source Alternatives, and Confirmation at the Google Agency Summit I had the opportunity to attend the Google Agency Summit last week in New York City at Google Headquarters.  It was a great day packed with presentations covering the latest in Mobile, Video, Analytics, Social, etc.

One of the first presentations was by Jordan Rost covering some of the free research tools that Google provides for marketers.  As Jordan was covering Google Correlate, I asked if it could be used in a similar way to the old Google Wonder Wheel.

He shot me a quick look and said, “Not exactly, but I’m getting to the Wonder Wheel soon.”  Needless to say, I was excited to learn more!
The Contextual Targeting ToolI do a lot of paid search work, so I’m extremely familiar with the Contextual Targeting Tool (CTT).

But it seems the CTT contains a surprise that many search marketers don’t know about.  Sure, it was often listed as an alternative to Wonder Wheel, but was it a solid replacement?  Does it provide the same great same session data we were getting from Wonder Wheel? Well, Jordan explained that the Contextual Targeting Tool is run by the same engine that fueled Wonder Wheel.
Note, I’m not referring to a similar type of engine.  It’s the exact engine that ran the Wonder Wheel!  That’s awesome news, and it was great to receive confirmation of this.

Sure, it’s not as visual as Wonder Wheel, but it can still yield the same results.  So, I’m going to walk you through a quick example of finding related terms by using the Contextual Targeting Tool below.  Again, the purpose of Wonder Wheel was to find related terms, based on actual Google data.  Let’s dig in.


An example of using the Contextual Targeting Tool in place of Wonder Wheel: Let’s say you focused on computer security and you were just beginning keyword research.  You know several keywords and categories you want to target, but want to find related terms, based on Google’s wealth of data.

That’s a smart move, since you don’t want to leave keywords (and targeted traffic) on the table. Let’s head over to the Contextual Targeting Tool to do some research.
1. Log into AdWords, click the Tools and Analysis tab, and then select Contextual Targeting Tool.  Note, the primary purpose of the tool is to help search engine marketers build tight themes of keywords for Display Network campaigns.  But, we’re going to use it as a replacement for the Wonder Wheel in this example

Find the Contextual Targeting Tool in AdWords

2. In the text field at the top of the page, enter “computer security” without quotes.

Entering keywords in the Contextual Targeting Tool

The CTT will display several rows of data containing related keywords, based on the initial keyword you entered.  You will see the anchor keyword on the left and then five related keywords in each row.  This is where you can start to gain great ideas for related terms.

Again, these keyword grouping are being driven by the Wonder Wheel engine. 2. In our example, I see “internet security”.  Maybe I didn’t know people were searching for that keyword, in addition to “computer security”, and I want to use that term as our keyword anchor (to find more related searches).

When I enter that term in the text field, I now get more rows of data, based on that new keyword.


Finding related searches using the Contextual Targeting Tools

3. I now see “internet security software” in the list, and decide to use that as my anchor.  I enter that word in the text field and I now see more terms related to this specific keyword, including “security rating”. 
Interesting… I wasn’t going to focus on that while building out content.  Let’s go down that path now…

Expanding related searches with the Contextual Targeting Tool
4. You can also click the plus sign (+) to expand a certain category, which will reveal additional rows with related keywords.

Exapnding ad groups in the Contextual Targeting Tool

Valuable and Addictive
You can see how this can become both valuable and addictive. Sure, this isn’t as visual as Wonder Wheel, and it takes a few extra steps, but the data is the same.  To me, running through this exercise is an essential component to performing thorough keyword research. Let’s face it, you won’t know every keyword that people are searching for.

Actually, many people are too close to their own industries, products, and services to know how the average person is searching.  Using Wonder Wheel, I mean the Contextual Targeting Tool, you can find some gems that you might never uncover normally.

That’s why I love this functionality. Summary – Long Live Wonder Wheel!Again, this is the same engine that fueled Wonder Wheel, and that’s confirmed by Google.
So, if you are performing keyword research, I highly recommend you check out the Contextual Targeting Tool for uncovering related searches.  Like I said earlier, don’t leave keywords and targeted traffic on the table.  Now, if Google would only bring back the slick visual UI of Wonder Wheel!  OK, I’m getting greedy now. 

sabato 9 giugno 2012

Facebook al massimo

Facebook ormai è accessibile anche dagli smartphone e tablet. Aggiornare il tuo profilo è quindi un’operazione, quasi sempre, possibile. Uno dei migliori servizi che ti permette di programmare gli aggiornamenti su Facebook è sicuramente Hootsuite - che funziona anche per Twitter - ma ci sono anche PostcronBuffer e Ping.fm. Da provare anche Sendible.

Gli utenti di Firefox, inoltre, possono aggiornare il proprio profilo direttamente dal browser installando l’add-on FireStatus. E non solo per effettuare update su Facebook, ma anche su Twitter e FriendFeed.

Se non ti accorgi che qualcuno ti ha eliminato dalla sua lista di amici, diciamo che non è una grande perdita. Ma se è un pensiero che non ti fa dormire di notte, vediamo allora come rimediare. Esistono due servizi gratuiti che tengono d’occhio i tuoi contatti: Who deleted me e il nuovo Out&In. Entrambi, però, entrano in azione nel momento in cui ti registri e sono in grado di fare la “conta” degli ex amici solo quando inizi a usarli.

Cambiare password per i servizi online è un’ottima abitudine, ma se poi la dimentichi e non riesci più a entrare in Facebook? Un bel problema. Se ti dovesse capitare, è bene sapere che puoi recuperarla con FacebookPasswordDecryptor. Come ci riesce? Perché, salvo diversa impostazione, i principali browser come Internet Explorer, Chrome o Firefox la memorizzano.

Se sei ormai un utente Facebook di vecchia data, e non hai mai fatto una grande selezione all’ingresso, è probabile che i tuoi amici, contatti e conoscenti siano centinaia. Basta un clic per eliminarli se si rivelano troppo “chiassosi” o invadenti, ma esiste anche un modo più diplomatico per metterli a tacere. Quando vedi il loro ennesimo post “fuori luogo”, fai clic sulla freccia rivolta verso il basso e annulla gli aggiornamenti in arrivo da quella persona.

Per gli appassionati di chat su Facebook c'è un’interessante alternativa: il programmino Chit Chat che porta la chat di Facebook sul desktop del vostro computer. Puoi provare anche Gabtastik e digsby.

Non so tu, ma io prima ero abituata a usare gli asterischi (*) per mettere le parole in grassetto nella chat e gli underscore (_) per sottolinearle. Adesso non è più possibile. In realtà esiste uno stratagemma per tornare a formattare il testo, un po’ più laborioso rispetto al passato perché implica l’installazione di un add-on nei browser Firefox e Chrome. Lo trovi sul sito di Social Plus.

Se prevedi di prenderti una vacanza da Facebook? Come fare? Cambi le impostazioni sulla privacy e vieti a chiunque di scrivere sulla tua bacheca. Vai quindi in Connessione da parte tua > Modifica impostazioni e cambia la risposta alla domanda Chi può pubblicare sulla tua bacheca? da Amici a Solo io. Ricordati di riattivare l'opzione quando torni.

È bello sapere tutto quello che succede su Facebook, ma il rischio è essere bombardato da messaggi e messaggini di ogni genere. La soluzione più drastica è disattivare l’opzione Frequenza e-mail nell’area Notifiche dell’impostazione del tuo account. Oppure selezionare manualmente cosa ricevere dal social network, e sei tu a deciderlo. Le voci sono tantissime.

Vuoi stupire i tuoi amici? Scrivi i tuoi aggiornamenti al contrario usando FlipText, un simpatico servizio web completamente gratuito.

lunedì 4 giugno 2012

Gli utenti Facebook e la pubblicità

Facebook è oggi una società per azioni e gli utenti hanno maggiori probabilità di interagire con i contenuti dei brand sul sito non per la pubblicità.

Nel gennaio 2012, il 44% degli utenti Internet in tutto il mondo hanno detto che non hanno mai cliccato sugli annunci sponsorizzati o elenchi su Facebook. 17% ha detto che non ha mai "like" per i marchi e le aziende su Facebook.

Un quarto degli utenti (26%) ha detto che hanno cliccato tante volte e il 9% ha risposto regolarmente. Nel mese di febbraio, Facebook riporta che ogni settimana, solo il 16% dei fan di una società vedrà un post del marchio in entrambi i loro feed di notizie o sul lato destro della home page.

Facebook ha lanciato Reach Generator e garantisce che il 50% dei fan vedrà visualizzato un messaggio del marchio ogni settimana. Reach Generator incoraggia le imprese a spendere soldi con il sito, piuttosto che basarsi su brand content non retribuiti per raggiungere gli utenti.





Mobile market in Ecommerce

UK B2C ecommerce is going well despite the national economy. 
Total ecommerce B2C sales in the country reached $109 billion in 2011, according to eMarketer calculations, and will rise more than $15 billion in 2012.

By January 2012, a significant proportion of web users were using their mobiles in stores to scan barcodes, compare prices, check out product details and reviews, or look for mobile vouchers.

At that time, according to “Mobile in the Retail Store,” a study by mobile survey firm; On Device Research, nearly a quarter of mobile web users sent email or went to social sites while shopping in a store.



This report is available on eMarketer