«Quando ho tenuto in mano per la prima volta mio figlio in sala parto è stato uno choc: ho capito che l’asse non ero più io ma lui, che dovevo cambiare, togliere dalla mia vita tante cose inutili». Max Pezzali, abbandonati da tempo i cori da stadio degli 883, si presenta sul palco di Sanremo con la voglia di cantare la sua maturità. A 16 anni dalla sua apparizione al Festival, di cui ricorda la «grandissima pressione», con Senza averti qui Pezzali si presenta più rilassato e pronto per una nuova avventura. «Finché un bel giorno la carta d’identità non ha rivelato la verità.
Mi sono accorto che bisognava decidere, ho superato la metà del mio viaggio e mi devo sbrigare che c’è il mio secondo tempo e non voglio perderlo. Buttare tutto quello che fa male o perlomeno buttare quello che non vale» canta ottimista l’artista 43enne ne Il mio secondo tempo. Un brano solare dai toni country rock, «una presa di coscienza, il modo di affrontare non solo il secondo tempo della vita, ma in generale le seconde opportunità. Questa – spiega Pezzali – è un’epoca di accumulo, di quantità, ci arriva un sacco di roba soprattutto attraverso Internet, ed ad un certo punto ci si trova davanti un muro che ci fa perdere di vista le cose che contano. È necessario allora abbattere questo muro».
Quello anticipato dalla canzone sanremese, sarà quindi il «fil rouge» del suo nuovo album di inediti, Terraferma che uscirà il 16 febbraio. Anche il brano che dà il titolo all’album è ispirato a suo figlio, «con l’augurio di potergli insegnare a navigare nell’oceano tempestoso della vita» spiega, perché «la cosa che conta è dare a sé e ai propri cari la serenità».
Cosa difficilissima in tempi in cui gli adolescenti sono fragili e persi nell’isolamento della realtà virtuale, come canta inSto bene qui. «Io cerco di rivolgermi agli adolescenti per dare loro più fiducia in se stessi, come in Credi – spiega Pezzali – . Perché la generazione dei loro padri, i quarantenni, è ancora più confusa e fragile di loro». Pezzali picchia duro in A posto domattina sullo sballo dei suoi coetanei che, fra locali, donne rifatte e droghe «vivono come le rockstar di un tempo, protraendo in eterno l’adolescenza. Ma insomma, diamoci una mossa e assumiamoci le nostre responsabilità». Testi significativi e comprensibili, quindi, su accattivanti basi che echeggiano la disco anni 70 e 80, l’elettronica e il rock «perché anche la musica oggi vive un’epoca senza certezze».
Per ora di certe ci sono le prime date del suo tour nei palasport, al via il 30 aprile al Palalottomatica di Roma e il 5 maggio al Forum di Assago a Milano. Pezzali è consapevole di non essere più la star di Hanno ucciso l’Uomo Ragno, e per questo ha aspettato il momento giusto per tornare a Sanremo. «La direzione artistica di Gianni Morandi è una garanzia della comprensione del lavoro che si fa – sostiene –. Si sta assumendo moltissime responsabilità».
Nella serata dei duetti, il venerdì 18, saranno accanto a Pezzali Lillo e Greg, attori e autori teatrali e radiofonici, ma anche musicisti, che gli hanno riarrangiato il brano in gara in versione swing, «stile Dean Martin, Frank Sinatra e Sammy Davis Jr». Un salto negli anni del primo Novecento, Max Pezzali lo farà nella serata dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia per la quale ha scelto Mamma mia dammi cento lire, «me la cantava sempre mio nonno», eseguita in stile Quartetto Cetra con Arisa. «Questa canzone me la cantava sempre mio nonno – spiega Pezzali –. È una canzone del Nord che canta il dolore dei nostri emigranti in Sudamerica. Ecco, proprio noi del Nord dovremmo ricordarci di cosa siamo stati, quando parliamo di immigrazione».