Translate

lunedì 27 settembre 2010

FAQ (risposte alle domande più frequenti) sulla Tessera del Tifoso, la nuova carta al servizio dei veri tifosi


Breve riepilogo di cos’è e cosa c’è da sapere sulla tessera del tifoso che sarà obbligatoria da questo campionato di calcio, per acquistare l’ abbonamento alla propria squadra del cuore di Serie A, B e Lega Pro e andare in trasferta nel settore ospiti di ogni stadio.
  • Cos’è la Tessera del Tifoso
    La Tessera del tifoso è un nuovo strumento di “fidelizzazione” adottato dalla società di calcio.
    Il progetto pone l’obiettivo di creare la categoria dei “tifosi ufficiali” che diventano i veri protagonisti dell’evento sportivo.
    Tutti i dati personali comunicati dai tifosi sono conservati solo dalle società sportive e utilizzati (nel rispetto della legge sulla privacy) per promuovere servizi e vantaggi per tutti i tifosi di calcio che vanno allo stadio.
    E’ valida in tutti gli stadi senza distinzione tra i vari campionati nazionali.
    La tessera è rilasciata, su richiesta, dalla società sportiva dopo il ‘nulla osta’ della Questura competente.

Cinque (otto in realtà) idee di marketing online cretine che hanno avuto successo

Svoltare economicamente, fare il grano è un obiettivo che hanno in tanti: chi non vorrebbe vincere il superenalotto quando il montepremi è bello ciccione? Chi non vorrebbe trovare l’idea semplice che garantisca una vecchiaia serena (nostra, dei figli, dei nipoti e dei pro-nipoti) e lo stile di vita che ci meritiamo (e cioé non fare un cazzo vivendo tra feste in Costa Azzurra e i Caraibi e frequentando Paris H.).
Siccome è un’aspirazione condivisa ci provano in tanti ogni giorno a diventare ricchi con i metodi più svariati: rapinando furgoni, truffando poveracci, lavorando duro, risparmiando per poter comprare un locale, sposando qualche rampollo di buona famiglia, vendendo le stock option di Google oppure ideando meccanismi di marketing cretini e senza speranza. Peccato che queste idee spesso (più di quanto vorremmo) diventino una realtà e portino a chi le ha ideate un bel po’ di fama e soldi.
Ci ricordiamo ancora con fastidio MillionDollarhomepage, un’idea deficiente che ha portato nelle tasche di quel ragazzino un bel po’ di soldi e di notorietà. Oltre a essere quello che era ha anche avvicinato a Internet tutti coloro che vorrebbero svoltare ma senza impegnarsi o sbattersi più di tanto. Questa ideuzza era il classico esempio che chi voleva fare “qualcosa” online (quindi senza saperne un cazzo) portava per sottolineare che il lavoro o l’impegno non servono più di tanto, quello che importa è “l’idea”.
Un blog ha fatto la lista di 5 idee di marketing che hanno funzionato nonostante fossero delle cose che a prima vista non sembravano così interessanti (per non dire di peggio). Oltre al fenomeno della carità online (i soldi il tipo li ha fatti perché ha mosso la compassione della gente, mica perché qualcuno voleva assicurarsi un pixel di quella pagina) ci sono mirabili esempi di gente sfacciata e senza vergogna che ha trovato il momento giusto (al posto giusto: Internet) come “Salva il Coniglietto” – una specie di riscatto, se versate del grano fino ad arrivare a 50.000$ non ammazzo il coniglio che ho appena comprato, o come “Dai il tuo nome a una stella” – dove nessuna organizzazione mondiale ha titolo per assegnare nomi a stelle a parte l’Associazione Astronomica Internazionale (o qualcosa del genere).
L’articolo che riporta la lista parla di queste (e altre come santamail.org dove puoi scrivere a Babbo e sperare che non si dimentichi di te come tutti gli anni a patto di pagare) come idee semplici e ingegnose che possono essere da esempio per altri che vogliono diventare ricchi/famosi senza lavorare troppo (nella lista è stranamente incluso un software per Facebook che è in realtà un’idea ben più articolata delle altre). Visto che siamo in Italia abbiamo qualche compatriota che ha affinato queste tecniche e visto che non c’è spargimento di sangue ci possono sembrare sensate o lecite (o addirittura da preferire alla rapina o al ricatto).
Non voglio fare il moralista ma Internet è un’opportunità enorme per tutti in tutte le parti del mondo, se uno ha abbastanza fantasia per inventarsi una cosa del genere può anche avere altre idee magari meno cretine e che richiedono più applicazione e lavoro ma almeno sono cose di cui andare fiero (o non vergognarsene).

Uscire dalla Crisi. Nuove idee di marketing per le PMI

La Grande Crisi a cui stiamo assistendo ha profondamente influenzato l'attività lavorativa di milioni di persone in tutto il mondo, ed i riflessi nelle vendite e nel fatturato delle aziende si sono fatti sentire con forza all'interno dei dati di bilancio. Anche in Italia la crisi sta lasciando il proprio segno, con migliaia di piccole e medie imprese in difficoltà o vicino alla chiusura. 



Per emergere da questa situazione di mercato è necessario sciogliere il "bandolo della matassa", scoprendo quel che può essere trasformato in opportunità nell'attuale stagnazione del mercato. Sicuramente alle imprese vengono chieste nuove energie e nuove idee, fattori che del resto hanno contraddistinto la creatività italiana nei tempi passati. 



Partiamo da una prima constatazione: una riduzione del fatturato per la maggior parte dei settori è fisiologica perché le famiglie vedono un crollo della propria capacità di spesa, ed anche quando questo non avviene preferiscono risparmiare denaro. Questo risulta come un dato generalizzato, se non per alcuni settori di nicchia o tradizionalmente anticiclici (come ad esempio l'alimentare o il farmaceutico). 



Per tutti gli altri, persiste nella mente dell'imprenditore e dei responsabili aziendali la domanda più semplice: dove sono finiti i miei clienti? La risposta è spesso composta da due semplici parole. Sul internet! 



Ma non è tutto. Spesso è necessario trovare nuovi clienti o sbocchi di mercato non solo perché molti dei precedenti sono stati persi per strada, ma anche perché quelli rimasti faticano a mantenere ben oleato il ciclo dei pagamenti. L'Italia è in particolare tra i mercati più difficili per questo particolare ambito, perché alla stretta del credito si aggiungono spesso incassi dei pagamenti dilatati oltre i 120 giorni. 



Esistono però delle occasioni che se ben sfruttate possono permettere di ribaltare la situazione, o perlomeno contenere i danni. Si tratta del mercato di internet e del marketing digitale, su cui molte aziende fanno ancora fatica ad affacciarsi. Proprio per questo motivo si tratta di un'opportunità dove può essere costruito un certo vantaggio competitivo. 



Con la nuova realtà di mercato che si è venuta a creare, la maggior parte delle aziende in difficoltà si trova a non poter più sostenere i budget di marketing sfruttabili in precedenza. Così si taglia su fiere aziendali, si riduce il telemarketing ed i materiali di marketing tradizionali, nella speranza che la situazione si risollevi velocemente. Purtroppo, questa strategia va tutto a vantaggio di quelle poche aziende che sono abbastanza capitalizzate per affrontare indenni la crisi. Spesso la conseguenza principale è che chi si trova in posizione di forza sfrutta l'occasione per avvantaggiarsi ulteriormente facendo letteralmente sparire dal mercato le realtà più piccole, che non riescono a proseguire nell'attività non certo per mancanza di competenze o know how ma perché non dispongono delle risorse finanziarie e delle produzioni di scala necessarie. 



La soluzione esiste ed è quella di abbracciare le nuove tecnologie per cercare un approccio più efficiente e funzionale con i propri clienti. Internet è già oggi un mercato mondiale estremamente ampio ed eterogeneo, raggiungibile 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, per tutto l'anno. Ma è un altro il fattore realmente determinante per quel che concerne il "fattore internet"; si tratta di un mezzo dall'accesso estremamente semplice, facile e democratico se solo si sa come fare. Sul web, la grande multinazionale e la piccola impresa possono essere sullo stesso piano comunicativo. E' infatti possibile operare con budget estremamente ridotti e limitati, facendo leva sulle potenzialità virali del passaparola digitale. Se è vero infatti che le prime sono delle organizzazioni piuttosto rigide nella propria attività comunicativa, le imprese più piccole possono sfruttare la loro flessibilità per creare progetti di comunicazione dinamici ed efficaci. 



Il primo passo è quindi quello della formazione. Apprendere cos'è il marketing e la comunicazione digitale e quali sono i suoi strumenti operativi è fondamentale (insieme alla conoscenza basica delle lingue) per trasformare l'attuale crisi dei mercati in un'importante opportunità di cambiamento e rinnovamento aziendale, proiettando la propria attività nell'economia del futuro. Si tratta di un treno che non deve essere perso, perché difficilmente passerà nuovamente dalla stazione. Lo voglio ripetere sino alla noia: chi non coglierà questo importante fattore di cambiamento difficilmente riuscirà a riguadagnare nuovamente terreno in futuro. Molte persone utilizzano la scusa degli elevati costi di formazione per rimanere fermi sempre allo stesso punto, ma è proprio grazie al web che la comprensione di questi nuovi meccanismi si aperta facilmente ad ogni fascia di età ed istruzione. Apprendere che cos'è il marketing digitale e scoprire come utilizzarlo a proprio vantaggio costa oggi molto meno di quanto si pensa. 



Per questo motivo è possibile trovare su Calmail Store un'ampia serie di Guide Digitali sul web marketing e lo sviluppo del web business, che vi sapranno prendere per mano ed accompagnarvi nella creazione e nell'utilizzo di tutti gli strumenti necessari per portare la vostra attività sul web. 



Se dopo aver letto questo comunicato siete motivati nel trasformare questa crisi in un'opportunità di crescita professionale, considerate l'acquisto di un manuale in grado d'indicarvi i passi verso la digitalizzazione del vostro business. 



E' possibile trovare guide approfondite e specializzate su come rendere maggiormente presente la vostra azienda all'interno dei motori di ricerca, o come acquistare pubblicità a pagamento in modo funzionale ed efficace, e molto altro ancora. Il prezzo massimo per l'acquisto dei manuali è fissato a 12.50 €, ma solo per un periodo limitato di tempo.

Milva: «Addio alle scene Ultimo cd con Battiato»

«Non ho più desideri. A 71 anni, dopo aver lavorato con Strehler, Berio, Vangelis, ciò che ho dato ho dato». Così, dopo l’addio ai tour, Milva fa calare il sipario su tutta la sua attività. A un passo dal 50° di carriera (esordì nel 1961), dopo aver attraversato musica e teatro come pochi, lasciando solo un piccolo spiraglio al ripensamento. «Magari terrò ancora qualche concerto, ma se sul palco non sarò da sola». Milva dà l’addio alle scene presentando un ultimo disco, Non conosco nessun Patrizio!, dieci canzoni di Franco Battiato (compreso l’inedito del titolo) prodotte ed arrangiate da Battiato stesso: in una conferenza stampa velata di malinconia come l’album, un cd in cui la voce pulita e rispettosa di Milva dà diverse, struggenti, conferme della sua classe. Ma il dado era già tratto, se il disco (uscita il 28) nasce proprio (orgogliosamente) come commiato.

«Dopo il cd del 2007 con Faletti ho rifiutato di reincidere vecchie hit e ho cercato Battiato. Mi sono detta che era il modo migliore per chiudere. Oggi scrive canzoni molto più complesse di quando già lavorammo insieme (nell’82 perAlexander platz, e nell’89 per Svegliando l’amante che dorme, nda). E quando mi ha detto di sì, ho iniziato a studiarne i dischi». Così che l’album contiene cose già incise nell’89, classici e pure due pezzi del Battiato d’oggi, I giorni della monotonia ed Io chi sono?: con Segnali di vita e Una storia inventata fra i migliori episodi del disco.

Questo reincontro ha sorpreso Battiato per primo. «Le mie cose recenti non sono musica leggera, e ho dovuto spingere Milva su ottave basse. Ma mi ha lasciato allibito per perfezione». Esce dal clima dell’album la sola, sferzante Il ballo del potere, che Milva ha trovato «divertente ed attuale: per una politica italiana che non è come vorrei». Ma tutto ciò (forse) è cronaca: ciò che conta qui è il clima. Del disco, intimista e dolente, dell’incontro con la signora. Una Milva che rifiuta un domani da revival: «Non scriverò autobiografie. Ci sono già troppi libri inutili». Una settantenne che il disco ha rischiato di non finirlo: «A maggio pensavo di morire, sono stata ricoverata, avevo perso lucidità. Lì ho capito che non ce la facevo più». Una donna che, forse, si è resa conto tardi che i riflettori non valgono gli affetti. «Ho fatto soffrire troppe persone, mia figlia non mi aveva mai vicina nel bisogno. E facevo male anche a me con tutti quegli impegni, tournée, viaggi…».
 
E ora? Ora la fragilità viene cantata, a sigillo finale. L’ultimo tocco di narcisismo è in copertina, una foto d’antan in costume; a margine, un «Avrei amato dedicare l’ultimo lavoro a mamma e papà, ma ora… lo dedico a me stessa». Milva chiude così. Occhi lucidi, quasi a cercare un senso a decenni di applausi sul palco e solitudine nei camerini. Eppure ne avrebbe ancora, da insegnare ai giovani. E questo disco lo dimostra. Semmai, se possiamo annotarlo, sarebbe stato meglio curarlo con la stessa intensità artigiana che ci ha messo lei nel cantarlo. Computer e freddezze sintetiche si sposano male, con l’emozione di una signora che saluta chi l’ha amata e gli struggimenti di una donna fragile che, chissà, forse anche nel canto che dice d’addio cercava solo di ritrovare, finalmente, se stessa.

Glauco Mauri: «A 80 anni difendo il teatro dalla crisi»

Glauco Mauri non ha paura a chiamarla per nome. «Vecchiaia» butta là con un sorriso che ti fa capire «la serenità con la quale affronto questa stagione della mia vita, l’ultima che, certo, spero sia la più lunga possibile, ma che so dove inevitabilmente sfocerà». L’attore pesarese, uno dei grandi del teatro italiano, il 1 ottobre compie 80 anni. Giusto il tempo di festeggiare e poi si rimetterà in viaggio per l’Italia con il suo ultimo lavoro, L’inganno di Anthony Shaffer che lo vede nella doppia veste di regista e protagonista. «Perché non è passato anno, da quando nel 1949 entrai all’Accademia d’arte drammatica, nel quale non ho fatto teatro. Poco cinema, poca televisione perché per me è sempre stata una necessità dialogare con personaggi come Re Lear, Faust, Edipo. E ora che la vecchiaia mi tiene compagnia con molta tenerezza posso dire di avere una marcia in più, l’umanità che ho imparato dai personaggi che ho portato in scena in tutti questi anni».

Quale, Mauri, le è rimasto più nel cuore?
«Macbeth, personaggio negativo, è vero, che crede di poter dominare la vita, ma anche alla fine si ritrova solo e sconfitto. La sua è una via crucis nell’inferno di un’anima davanti alla quale mi sono sempre posto con una grande pietà. Che è poi il sentimento che tutti dovremmo avere di fronte ad ogni uomo».

Quello che più le assomiglia?
«Uno che non ho interpretato, ma che ho raccontato come regista, il principe Myskin dell’Idiota di Dostoevskij, convinto che la bellezza salverà il mondo».

Uno che non ha ancora affrontato e vorrebbe portare in scena?
«Il Padre nei Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello o Minetti di Bernhard. Ma l’idea folle è affrontare, con la mia barba bianca, il fiume di parole della Winnie di Giorni felici di Beckett, il testo del tramonto di una vita».

E guardando indietro quale il ricordo più bello che conserva della sua?
«Uno, nemmeno a dirlo, legato al teatro. Risale a una domenica pomeriggio del 1954, avevo 23 anni e recitavo all’Eliseo di Roma ne I fratelli Karamazov: era al prima volta che mia madre mi vedeva recitare e ricordo ancora la sua emozione. Una donna con la seconda elementare, infermiera, che parlava solo il dialetto affascinata dalla parola di Dostoevskij. Ecco la forza del teatro, del teatro nel quale credo, un teatro civile inteso come un’arte che aiuta a vivere ponendo interrogativi e suscitando inquietudini. Per realizzare questa idea a 51 anni, deluso dal teatro istituzionale, mi sono deciso e con Roberto Sturno abbiamo fondato una compagnia privata: siamo partiti senza soldi e giravamo anche sessanta città all’anno, cambiano teatro ogni giorno. Massacrante. Ma il senso di libertà che provavamo era impagabile».

Il teatro oggi è in crisi di idee o di soldi?
«Di soldi. Sicuramente. E questo mette in crisi le idee. Ci sono molti giovani di talento ai quali, però, gli impresari offrono solo testi che facciano cassa. Occorrerebbe che tutti tornassero a credere nella vera forza del teatro, quello che vive della parola e dell’uomo che la pronuncia, quello che attraverso la finzione racconta la verità, cerca di comprendere il mondo e di affrontare le grandi domande dell’uomo».

In questo percorso c’è spazio per la fede?
«Non sono credente. Ma ho grande rispetto per chi ha questo dono. Ho fiducia nell’uomo, credo nella pietà e nella comprensione che siamo chiamati ad avere l’uno nei confronti dell’altro. Conservo, però, il libro di preghiere di mia madre, donna di grande fede nella quale ha trovato conforto e la forza di crescermi da sola dopo essere rimasta vedova quando avevo solo 9 mesi. Abbiamo vissuto in una luminosa povertà, ma tra mille difficoltà è riuscita a darmi quella grinta buona che mi accompagna ancora oggi».

Le manca?
«Moltissimo. E mi manca l’onestà, la pulizia di un mondo che non c’è più: mi sento circondato da una volgarità umana che mi sconforta che ieri non c’era e che mi ha permesso di crescere con valori e idee che la società di oggi non è più in grado di trasmettere. Credo molto nei giovani, ma mi sento responsabile per il cattivo mondo che lasciamo loro in eredità».

Pensa mai alla morte?
«Spesso. Ma non mi fa paura. Perché mi ritengo una persona pulita nei confronti della vita. Temo il dolore fisico, certo. E la cosa che mi preoccupa maggiormente è il vuoto che lascerò nei miei cari. Non perché mi ritengo insostituibile, ma perché so cosa significa il dolore di perdere qualcuno a cui si vuole bene».

mercoledì 8 settembre 2010

Fatti curiosi e notizie minori

Cieco salva donna da incendio

Usa, in fiamme la casa della vicina
Nonostante la sua cecità, un uomo è riuscito a salvare la vita di una vicina di casa intrappollata nelle fiamme dell'incendio divampato allinterno della sua abitazione a Grangerland, una cittadina nello stato del Texas. L'uomo ha sentito le grida della donna e, senza esitare, è penetrato nell'appartamento portando in salvo la malcapitata e avvisando i soccorsi.

La donna, Annie Smith, è un'ottantaquattrenne parzialmente non vedente a cui, da tempo, capitava di rimanere sola in casa. "Appena entrato nell'appartamento di Annie ho capito che qualcosa non andava - ha spiegato Jim Sherman al quotidiano Houston Chronicle - c'era fumo ovunque, ma sono riuscito a trovarla quasi subito". In seguito l'uomo ha chiamato il 911 (il numero utilizzato negli Usa per chiamare il pronto intervento) e ha dato l'allarme. Sono stati salvati dai vigili del fuoco accorsi sul posto anche i tre gatti della donna.

Sicilia, eclisse di Sole al 70%
Ma il fenomeno totale solo in Africa
E' stata visibile anche in Italia, seppur in maniera parziale, l'eclisse di Sole che mercoledì mattina ha oscurato i cieli dell'Africa settentrionale. Nel sud della nostra penisola, principalmente in Sicilia, la luna ha coperto il disco solare al 70%, fino al 45% spostandosi verso nord. Il fenomeno è durato circa due ore e il "sole nero" visibile in Africa si è protratto per quattro minuti.
Sono moltissimi gli studiosi e gli appassionati, fra cui anche numerosi italiani, che sono accorsi nella zona di confine fra Egitto e Libia, dove l'eclisse è stata totale. Ma anche in Italia stare con il "naso all'insù" ha dato soddisfazioni. "L'eclisse è un evento abbastanza raro e non visibile da tutti i punti del pianeta per un gioco di prospettiva", ha spiegato Nicoletta Lanciano, docente di Didattica delle scienze dell'università di Roma La Sapienza. "In Italia si vedrà un'eclisse parziale - aveva spiagato a poche ore dal fenomeno - In Sicilia sarà oscurata gran parte del Sole, mentre l'eclisse diventerà sempre più parziale allontanandosi dalla zona della totalità".
Risalendo lo Stivale, a Roma il Sole è stato oscurato per oltre il 60% dalla Luna e il momento di maggior intensità è stato alle 12,30: nel cielo è apparsa solo un'ampia falce luminosa. Spostandosi decisamente a nord, in Trentino l'evento è stato invece visibile al 40% e potenti telescopi sono stati piazzati in piazza Fiera a Trento.
Scuole e astrofili del nostro Paese si sono preparati allo spettacolo, anche se meno suggestivo di quello africano, e numerose sono state le iniziative che planetari e associazioni capeggiate dall'Unione Astrofili Italiani (UAI).




Tifosi finti allo stadio: l’esperimento della Triestina

Tifosi finti allo stadio, sugli spalti, per far credere che ci sia il tutto esaurito e magari esaltare di piu’ i giocatori in campo? L’idea e’ venuta alla Triestina: il presidente della squadra di calcio doveva fare i conti con i costi, troppo alti, della gestione della curva dedicata a Colaussi. Chiudere quel settore dello stadio, per far risparmiare un po’ di soldi alla societa’: ma il colpo d’occhio durante le partite sarebbe stato troppo triste, con una parte di stadio vuota, senza spettatori. Da qui l’idea di mettere un gigantesco telone, con delle sagome di tifosi disegnate sopra.
I falsi tifosi sono immobili: non esultano per un gol, non creano problemi, non pagano. I tifosi finti dello Stadio Nereo Rocco sono assolutamente perfetti, perche’ non creano problemi, anche se l’idea di mettere un telone con delle persone disegnate sopra ha attirato numerose polemiche.
 
L’esperimento nello stadio di Trieste e’ andato in scena ieri, in occasione del match valido per la terza giornata del campionato di Serie B, disputato tra la Triestina e il Pescara. A guardarlo quello stadio sembrava pieno, ma in realta’ erano tifosi finti. Andrea Abodi, presidente della Lega di Serie B parla di una soluzione esteticamente piacevole: “E’ stata una intuizione del presidente della Triestina Stefano Fantinel, ma noi stiamo lavorando perché gli stadi siano pieni di persone vere e proprie e di famiglie“. E forse e’ su questo che si dovrebbe puntare.
 
Per il momento, Stefano Fantinel, presidente della Triestina, propone i suoi tifosi finti, per far fronte alla crisi di spettatori. “Abbiamo uno stadio tra i più belli d’Italia, con una capienza di 30.000 posti. Eppure la media di spettatori dell’ultima stagione, per le partite casalinghe, è stata di 6.000 persone. E’ ovvio che per i giocatori sarebbe meglio giocare di fronte a un pubblico vero“. E cosi’ ecco l’escamotage, non del tutto nuovo, a dire il vero. “Potremmo avere 22.000 spettatori senza sfruttare la tribuna. Inutile dire quanto sarei felice se avessimo 22.000 persone ad assistere alle partite“.

Ryanair: biglietto anche per il violino, passeggeri perdono il volo

La Ryanair e’ una delle maggiori compagnie low cost, scelte ogni giorno da milioni di viaggiatori di tutto il mondo, che cercano di risparmiare per i loro spostamenti in aereo. Spostamenti che diventano pero’ difficili se volete portare con voi un semplice violino. Lo sanno bene Francesca Rijks e suo padre, che dovevano affrontare un viaggio di rientro in Inghilterra dalla Germania con un volo della compagnia aerea Ryanair. Volo che hanno perso, perche’ all’ultimo momento sono stati obbligati a pagare un biglietto di imbarco per il violino. E con tutto questo trambusto, sono arrivati tardi e ormai il volo era partito.
Questa e’ la storia di Francesca Rijks, una giovane studentessa di 12 anni: con il padre era andata in Germania portandosi con se’ il suo prezioso violino. La giovane ragazza e’ infatti iscritta alla prestigiosa Chetham’s School of Music di Manchester e non lascia mai a casa il suo miglior amico, il violino.
 
Al momento di salire sul volo Ryanair, pero’, ecco l’amara sorpresa: proprio per il violino avrebbero dovuto pagare un biglietto aggiuntivo di 230 euro. Il padre pensava che potesse essere portato nel porta bagagli del mezzo, ma lacompagnia aerea non glielo ha permesso.
 
Ovviamente, tutto questo ha fatto perdere loro del tempo prezioso: e cosi’ quando si sono presentati all’imbarco, il volo della Ryanair era gia’ partito e cosi’ loro si sono dovuti affidare alla Easyjet per poter tornare nella loro Inghilterra. Questa volta con il violino compreso nel bagaglio a mano. Ovviamente ora l’uomo ha chiesto un rimborso alla compagnia battente bandiera Irlandese, invitando tutti gli altri musicisti a boicottare l’azienda, che gia’ qualche mese fa aveva fatto pagare un conto salato ad alcuni violinisti che avevano con se’ a bordo i loro strumenti musicali.

Scoperti i testamenti di Wilde e Marx: quando il genio non rende ricchi

Un sito inglese ha pubblicato oltre sei milioni di testamenti appartenenti all’epoca vittoriana e ai primissimo anni del ‘900 e tra questi, molti appartengono ai grandi nomi che hanno segnato la nostra storia, come Oscar WildeKarl Marx e molti altri. Si viene così a scoprire che alcune di queste personalità, geni nel loro campo, in realtà lasciarono in eredità poco più che spiccioli ai loro discendenti. Come nel caso dello stesso Wilde, morto in miseria e in solitudine nel 1900 a Parigi e che lasciò solo 19 mila sterline. Ma non fu il solo.
Come lo stesso Wilde scrisse: “Non ho altro con me, se non il mio genio” e per molti dei grandi personaggi dell’800 e del ‘900 fu proprio così. Ne sono una prova gli oltre sei milioni di testamenti pubblicati dal sito britannico Ancestry e risalenti al XIX e XX secolo. A dispetto della fama, molti di loro lasciarono pochissimo agli eredi come per esempio Karl Marx: l’autore de Il Capitale lasciò alla sua morte nel 1883 alla figlia Eleanor 250 sterline dell’epoca, una cifra che oggi equivarrebbe poco più che a 9000 sterline. E non andò meglio neanche a Lewis Carrol, autore di Alice nel Paese delle Meraviglie, o a D.H. Lawrence, penna di L’amante di Lady Chatterly: entrambi lasciarono poca cosa rispetto all’enorme successo di cui godettero.
 
Differenti, invece, Charles Darwin Charles Dickens: quando morirono, il primo che, va sottolineato, proveniva da una famiglia benestante, lasciò ai suoi eredi oltre 13 milioni di sterline mentre il grande autore ne lasciò sette. Lo stesso vale anche per Arthur Conan Doyle. L’inventore del famoso investigatore inglese Sherlock Holmes era in realtà un medico che viveva nel grigio sobborgo di Southsea, vicino a Portsmouth; come dottore non guadagnava molto e aveva molto tempo libero per cui cominciò a scrivere le prime avventure del celebre investigatore, inventando i personaggi di Sherlock Holmes e del suo alter ego, il Dottor Watson. Il resto, anche per lui, è ormai storia: divenne molto più famoso, e guadagnò molto di più, col suo passatempo invece che col suo lavoro “ufficiale”.
 
Ma come spesso accade, il genio lo si scopre solo alla fine. Ed è stato il caso di molti grandi della nostra storia.

lunedì 6 settembre 2010

le audizioni della commissione antimafia in Sicilia

Strage di via D'Amelio. I riflettori sono puntati sulle inchieste in corso a Palermo e Caltanissetta. A diciotto anni dalle stragi di Capaci e via D'Amelio la verità sembra vicina, o meglio, più vicina di prima. Il pentito Spatuzza con le sue dichiarazioni ha - di fatto – rimesso in discussione tre gradi di giudizio sul processo Borsellino, palesando i contorni di un depistaggio istituzionale su quelle indagini. E non soltanto su via D'Amelio: dal fallito attentato all'Addaura al giudice Falcone, passando per la strage di Capaci, sino agli attentati del '93, si stanno rivedendo processi, nomi, luoghi e riscrivendo pezzi di una storia che non si doveva sapere. Tanto da coprirla, con silenzi, depistaggi e archiviazioni. La “scatola nera” della seconda Repubblica è in corso di lettura, in particolare, nei due processi che si stanno svolgendo a Palermo, sulla mancata cattura del Boss Bernardo Provenzano (quello che sui media è detto “sulla trattativa”) e a Caltanissetta su via D'Amelio. Da qualche settimana sono iscritti nel registro degli indagati tre poliziotti Vincenzo Ricciardi, Mario Bo e Salvatore La Barbera (i tre facevano parte del gruppo speciale d'indagine 'Falcone - Borsellino' che indagava sulle stragi di Capaci e via D'Amelio e che era diretto dall'ex capo della mobile poi questore a Palermo, Arnaldo La Barbera) in merito all'ipotesi che vi sia stata una precisa regia dietro le dichiarazioni del falso pentito, Vincenzo Scarantino, mafioso del quartiere Guadagna di Palermo. 

Per la prima volta da quel tragico 1992 una Commissione antimafia ha scelto di occuparsi di quel periodo storico in cui un'azione terroristico – mafiosa “mise in grave pericolo la nostra democrazia”. Ha usato proprio questa espressione il 30 giugno scorso il presidente, Beppe Pisanu, quando con una breve relazione introduttiva ha dato il via ai lavori della Commissione antimafia su questo tema. In quell'occasione Pisanu aveva aggiunto: «È ragionevole ipotizzare che nella stagione dei grandi delitti e delle stragi si sia verificata una convergenza di interessi tra Cosa Nostra, altre organizzazioni criminali, logge massoniche segrete, pezzi deviati delle istituzioni, mondo degli affari e della politica». Da ieri la Commissione antimafia si trova in Sicilia per una tre giorni di audizioni con i magistrati palermitani e nisseni. 

«Non so se la politica saprà reggere la verità che sta emergendo sulle stragi». Questo avrebbe dichiarato ieri ai giornalisti davanti alla prefettura di Palermo, il pubblico ministero Domenico Gozzo prima di entrare in audizione con la Commissione. «Una verità che passa anche attraverso alcuni apparati istituzionali – avrebbe aggiunto Messineo». Frasi che sono state subito raccolte e rilanciate dai media, trovano però subito una smentita da parte del presidente Pisanu che si affretta a precisare: “non abbiamo parlato di questo in audizione”. La seduta, come spesso accade quando la Commissione antimafia si trova in trasferta, è stata secretata. Impossibile quindi conoscere il contenuto di quanto detto dai pm in quella sede. Quel che è certo è che si è parlato della situazione attuale delle indagini, del cosiddetto “depistaggio istituzionale”, delle rivelazioni di Spatuzza e della mancata protezione del collaboratore di giustizia, e dei contorni della “trattativa” intercorsa fra parti dello Stato e della mafia. E i procuratori hanno sottolineato come si sia finalmente "vicini, ad un passo, dalla verità".

In questi giorni da Caltanissetta, intervistato dal corrispondente dell'Unità, Nicola Biondo, in merito proprio alla trattativa mafia – Stato, Nico Gozzo, ha dichiarato: «Borsellino muore anche per la trattativa. E ci sono molte persone che lo potrebbero raccontare. Alcune di esse vanno ricercate tra alcuni dei cosiddetti “amici” di Paolo Borsellino. La cifra essenziale della sua morte è la solitudine e il tradimento». Ci sono ancora persone che sanno e non hanno parlato. Ci sono persone che stanno ricordando, che provano a nascondersi dietro fisiologici “non ricordo”. E' sul livello politico delle verità non dette su quegli anni che la Commissione antimafia proverà a lavorare e dare il suo contributo. «Il fatto - ha sottolineato ieri Gozzo ai giornalisti – è se la politica sarà in grado di raccogliere queste verità». * * 

«Sono abbastanza ottimista sulla possibilità' che venga finalmente fuori tutta la verità' sulla stagione delle stragi – ha dichiarato il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, in una intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica poco prima di entrare in audizione dalla Commissione antimafia. Ne sono convinto perché' al contrario della quasi rimozione che l'argomento per anni ha vissuto nel nostro Paese, percepisco un rinnovato interesse dell'opinione pubblica, dell'informazione e anche da una parte della politica». In particolare Ingroia sottolinea che «le indagini di Caltanissetta stanno consentendo di rilevare scenari agghiaccianti che purtroppo danno ragione a chi, come me nell'estate del '92 ebbe già' la certezza che quella di via D'Amelio non era strage solo di mafia. Depistaggi di tipo istituzionale sarebbero incomprensibili se destinati a coprire uomini di mafia. Possono avere senso solo se destinati a coprire responsabilità' di pezzi dello Stato». 

In attesa che le indagini proseguano il cammino della Commissione procede in questa direzione per provare a riscrivere una verità politica e storica sulla quale si attende che in molti ritrovino la memoria persa in questi lunghissimi 18 anni senza verità è giustizia.

La Lega e la 'ndrangheta

La volta scorsa, nel dicembre del 2009, l’attuale vice ministro alle infrastrutture del Governo Berlusconi, Roberto Castelli, gli aveva risposto cosi: “Ma va a ciapà i ratt”. Oggi continua e afferma: “ gli antimafia a pagamento sono sempre meno credibili”. Le accuse sono indirizzate sempre allo stesso destinatario, Roberto Saviano, reo di porre, nell’acceso dibattito Nord-Sud, l’attenzione sulla presenza delle mafie nell’operoso e sano territorio del Centro-nord. Questa volta lo ha fatto in un’intervista rilasciata a Vanity Fair nella quale, a seguito delle notizie emerse dall’inchiesta Crimine a carico di alcuni amministratori locali del Carroccio, ha chiamato in causa le responsabilità della Lega nord che da dieci anni governa quei territori. «Dov’era la Lega mentre la ‘ndrangheta si infiltrava»? Tanto è bastato perché la Lega, nonostante le risultanze investigative, attaccasse lo scrittore campano per queste affermazioni. Il braccio di ferro fra Castelli e Saviano si ripropone con gli stessi toni duri di quando, lo ricordiamo, lo scrittore aveva affermato: «Milano è la più grande città del sud d’Italia. I meridionali nel corso degli anni hanno contribuito a far crescere la produttività». Diverso il contesto nel quale nacquero quelle affermazioni ma identico il botta e risposta. Alle osservazioni di oggi in cui Saviano fa notare che la presenza delle mafie è stata segnalata anche nei comuni governati dalla Lega, Castelli risponde: «Se non sa nulla della storia della Lombardia vada a rileggersela […] noi abbiamo fatto atti amministrativi precisi e fatti concreti. Non ci siamo limitati a scrivere quattro cose e a partecipare a quattro conferenze». 

Eppure la cronaca recente non lascia molto spazio alle valutazioni. Dopo anni in cui si susseguono operazioni di carabinieri e forze dell’ordine, in cui l’allarme lanciato anche nella relazione annuale dei Servizi di sicurezza, pone la Lombardia in cima alle regioni in cui maggiore è il rischio di radicamento delle mafie, in cui si susseguono strani omicidi e le operazioni antiracket hanno numeri paragonabili a quelle di molte città del sud, all’alba del 13 luglio scorso la più grande operazione antimafia delle forze dell’ordine coordinata dai Pm delle procure di Reggio Calabria e Milano ha disposto la custodia cautelare per 300 persone, a vario titolo, coinvolte nell’operazione “Crimine” . 

Gli addetti ai lavori parlano di questa operazione come “della punta dell’iceberg” del sistema mafioso della ‘ndrangheta in Lombardia. Nell’operoso nord, nella regione feudo del Carroccio, i magistrati hanno contestato il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, fra gli altri, al boss Pasquale Zappia, succeduto a Giuseppe Neri, nel controllo del territorio e degli affari e Carlo Antonio Chiriaco, direttore della ASL di Pavia; dell’assessore comunale di Pavia Pietro Trivi, accusato di corruzione elettorale; di Antonio Oliviero, ex assessore della Provincia di Milano nella giunta di centrosinistra guidata da Filippo Penati e degli imprenditori Francesco Bertucca e Ivano Perego, responsabile della Perego Strade, ricollegabile direttamente al clan Strangio. I soggetti sono ritenuti responsabili di aver fatto parte della 'ndrangheta attiva da anni sul territorio di Milano e nelle province limitrofe. 

Molti degli arrestati sono anche affiliati a logge massoniche. Nelle 3000 pagine dell’inchiesta si racconta dei rapporti diretti che il consigliere regionale Angelo Ciocca, leghista da sempre, ebbe con l’avvocato Pino Neri, massone dichiarato e soprattutto boss di primissimo piano finito in carcere in questo maxi blitz. Nella primavera del 2009 i due sono stati filmati dai carabinieri mentre si incontravano per discutere dello scambio di voti da effettuare spostandoli su un candidato gradito alle cosche. Un modello del tutto simile alle dinamiche con cui da decenni la mafia si interfaccia e governa nel centro sud. Il voto di scambio, il cavallo “vincente”, il favore da restituire. Tre semplici passaggi per mettere sotto scacco un intero sistema che di democratico continua ad avere sempre meno. L’inchiesta “Crimine” è fra le prime a raccontare come questo “modello” si ripeta sempre uguale a se stesso anche nei comuni governati dalla Lega, partito che ha fatto del suo impegno in prima linea contro le mafie “terrone”, il fiore all’occhiello della lotta contro quella zavorra sociale ed economica rappresentata dal mezzogiorno. 

Nelle carte della richiesta di arresto disposta dai magistrati milanesi si descrivono i rapporti tra il padrino e Ciocca (ad oggi non indagato) per far confluire i voti leghisti su Francesco Rocco Del Prete, candidato della ‘ndrangheta (poi non eletto) alle comunali 2009 di Pavia. I rapporti tra il consigliere e il padrino della ‘ndrangheta iniziano nel giugno 2009, quando “Neri – scrivono i magistrati – ha assoluta necessità di far eleggere alle consultazioni elettorali di Pavia un proprio uomo, Rocco Del Prete, e a tal fine si rivolge a Ciocca”. La Lega preferisce un altro candidato, ma poi un gioco di “favori e promesse” rimette tutto in campo. Le infiltrazioni arrivano così. Nell’intervista rilasciata a Vanity Flair, lo scrittore Roberto Saviano, a partire anche da questi ultimissimi fatti di cronaca, a porre una questione politica. Dov’era la Lega mentre in questi ultimi dieci anni in cui ha governato in quelle aree tutto questo accadeva? «Il Sud è la ferita aperta di questo fenomeno, attraverso cui tutto si fa passare. Il tessuto sano è sano perché lì le mafie investono , ma non sparano». Tanto basta per aprire la strada agli ennesimi attacchi indirizzati nei confronti dello scrittore campano. Attacchi subito rispediti al mittente proprio nella stessa Casal di Principe dove da stamani, su quelle stesse mura su cui per anni campeggiavano scritte a favore del boss di turno, compaiono invece frasi in sostegno dell’autore: «Dieci, cento, mille, diecimila Roberto Saviano per i casalesi del clan». Un inno d’apprezzamento per lo scrittore e per il suo impegno contro la camorra, vergato sui muri dello stadio di Casal di Principe. 

Dal canto loro i ministri leghisti, rispondendo a quelle che giudicano come “accuse” e spesso sono solo la cronaca dei fatti, raccontano delle battaglie fatte proprio contro il confino obbligatorio dei boss nelle città del nord, dell’impegno antimafia e dei successi ottenuti con la guida di Maroni al Ministero dell’Interno. Rimane comunque acceso il dibattito ma si dirama troppo spesso in dure vicoli ciechi: c’è chi nega la presenza delle mafie nelle terre della Lega e chi la riconosce ma fa risalire e circoscrive il fenomeno alla presenza dei “meridionali” al nord. Il problema è come sempre più complesso e le semplificazioni non aiutano. A tal proposito solo qualche mese fa il giornalista Antonello Mangano sul portale “Terrelibere” in un articolo dal suggestivo titolo “Mentre vietate i kebab la ‘ndrangheta si sta mangiando la Lombardia” scriveva:« le mafie che in Padania ormai sono entrate negli appalti e nelle forniture pubbliche e che hanno preso residenza nei comuni attorno a Milano, Varese, Brescia. Che spesso impongono il pizzo ai negozianti, senza che siano nate associazioni antiracket. Anzi, si risponde che la mafia non esiste al Nord. Il problema mafioso non è entrato nella campagna elettorale delle elezioni regionali. E’ chiaro che al Sud il problema è gigantesco, ma non bisogna sottovalutare le candidature e la pulizia delle liste in nessuna parte d’Italia. A Legnano, roccaforte della Lega Nord, nel 2008 è stato ucciso con un colpo alla nuca e abbandonato nelle campagne Cataldo Aloiso, genero di Giuseppe Farao della cosca Farao-Marincola di Cirò Marina, in Calabria. Il 25 aprile del 2007 viene ucciso a Tagliuno (Bergamo) Leone Signorelli, raffinatore di cocaina colombiana che rivendeva alla ‘ndrangheta. Cinque mesi dopo i killer aspettano davanti casa Giuseppe Realini, artigiano del legno bergamasco. Si ammazzano tra loro?». 

domenica 5 settembre 2010

Domingo, Rigoletto tivù per 1 miliardo di persone

Dietro gli arazzi hanno mimetizzato il televisore sul quale comparirà Zubin Mehta per dare gli attacchi ai cantanti. Che sentono la musica tramite auricolare e che hanno i microfoni nascosti tra i capelli. Riflettori in un camino, ma anche dietro i finestroni di palazzo Ducale. La telecamera che scruta nella casa di Rigoletto è dentro un piccolo armadio le cui ante, quando il regista Marco Belloccio chiederà il cambio di inquadratura, si dovranno chiudere in pochi secondi. «E se solo un cameraman o un tecnico sbagliano salta tutto».

Il produttore Andrea Andermann rivela i segreti del Rigoletto che stasera e domani andrà in diretta tv su Rai uno dai luoghi e nelle ore in cui Giuseppe Verdi ambientò il suo popolare melodramma. Anche se come paracadute è stata ripresa la prova generale, pronta a sostituirsi alla diretta nel caso di problemi. 

Perché la maratona che parte oggi alle 20.30 con un presentatore d’eccezione, il Capo dello Stato Giorgio Napoletano che introdurrà l’opera con un saluto, è anche una sfida tecnica. Un film in diretta. Primo atto a palazzo Tè poi domani ci si trasferisce alle 14 a palazzo Ducale e alle 23.30 sul Mincio, nella Rocca di Sparafucile. Rigoletto, che è poi Placido Domingo, tenore ancora una volta alle prese con un ruolo da baritono, arriverà in barca. Girare per il set dell’opera quasi ti fa pensare alla casa del Grande fratello: trenta telecamere, come in una finale di Champions, che seguono ossessive i personaggi tra gli affreschi di Mantenga e Giulio Romano. Certo, invece delle chiacchiere dei concorrenti del reality ci sarà la musica di Verdi. Che Mehta dirigerà, alla guida dell’Orchestra sinfonica nazionale della Rai, dal teatro Bibiena in collegamento con i vari set. 

E per evitare la sfasatura del satellite per Mantova sono stati tirati chilometri di cavi che, assicura Mehta, «consentono un sincronismo perfetto tra musica e immagini». Quelle illuminate da Vittorio Storaro e riprese in alta definizione da Bellocchio. Il regista cinematografico, che la prossima settimana sarà alla Mostra di Venezia con Sorelle mai, promette: «Nessuna forzatura, sarò fedele a Verdi che sentivo cantare dalla mia mamma quando ero piccolo». Ma non rinuncia al suo sguardo disincantato: «In Rigoletto, che ho scelto nel 2004 per il mio debutto nella lirica a Piacenza, ritrovo molti temi a me cari come quello della provincia o della vendetta». 

Mantova blindata – malumori messi da parte nella speranza di un ritorno turistico dell’operazione – e strade chiuse per evitare che i rumori del traffico disturbino la musica. Vittorio Gigolo (Duca di Mantova), Julia Novikova (Gilda), Ruggero Raimondi (Sparafucile) e Nino Surguladze (Maddalena) posano per le foto. Domingo invece riposa. «Lo lascio tranquillo» dice Andermann che rivela: «Non mi interessava un baritono bravo, ma un cantante in grado di emozionare». 

Ma quando il giro sul set è finito ecco il cantante spagnolo. «Sono stanco, perché abbiamo lavorato sino allo sfinimento». E non nasconde l’emozione: «In prova ho pianto e ho paura che la lacrima mi tradisca in diretta. Mi mancherà, certo, il calore del pubblico, ma oltre la telecamera ci saranno un miliardo di persone». Perché è questo il pubblico che si attendono gli organizzatori. Rigoletto sarà trasmesso in 148 paesi: diretta in Europa e Australia. Differita in Africa, India e Cina. Negli Stati Uniti e in Russia per Natale. Poi un dvd e la speranza di bissare i successi di Tosca e Traviata che collezionarono un serie di premi tra cui i prestigiosi Grammy. Nessuno parla di cifre. «Come una puntata di un varietà del sabato sera» azzrarda Andermann, che avrà i diritti per la trasmissione di Rigoletto in tutto il mondo lasciando quelli per l’Italia alla Rai.

Sofia Coppola svela l’inganno di Hollywood

Se complice certa stampa glamour pensate che la vita delle star hollywoodiane sia la migliore possibile, beh, allora correte a vedere Somewhere di Sofia Coppola, in concorso a Venezia e da ieri nelle nostre sale distribuito da Medusa. La mecca del cinema vi apparirà squallida e lunare, nevrotica e depressa, sciocca e volgare. Eppure il film che ha per protagonista un giovane attore emergente, ma già vittima dell’isolamento losangelino, è ambientato allo Chateau Marmont, ovvero uno degli hotel leggendari della tradizione americana che hanno ospitato grandi stelle del passato come Marilyn Monroe, Paul Newman e Greta Garbo. Ma quelli erano altri tempi. Ora tra le mura dello storico albergo si aggirano ballerine di lap dance, equivoci massaggiatori, attricette da strapazzo, eccentrici personaggi che annegano nella solitudine e nell’alienazione.

Su tutta questa desolazione aprirà gli occhi Johnny Marco (Stephen Dorff) quando, complice un improvviso viaggio dell’ex moglie, si ritrova a trascorrere qualche giorno con la figlioletta Cleo (Elle Fanning, sorella minore di Dakota), undici anni. La convivenza spingerà l’uomo a riconsiderare tutta la propria vuota esistenza.

«Ho scritto il film appena dopo la nascita di mia figlia Cosima – dice la Coppola, unica donna in competizione – e la maternità è un’esperienza destinata a cambiare le proprie priorità. Mi piace raccontare le storie di persone che attraversano momenti di transizione e al tempo stesso volevo esplorare le ombre dello show business che ho cominciato a frequentare e conoscere sin da bambina, quando mio padre (il regista Francis Ford Coppola, quello del Padrino e diApocalypse Now – ndr) mi portava con sé nei suoi viaggi. Anch’io ho vissuto per lunghi periodi negli alberghi, con quel senso di straniamento di cui parlavo anche in Lost in Translation».

Dorff confessa invece che non sono pochi i punti di contatto con il suo personaggio: «È facile quando fai questo mestiere attraversare dei momenti di alienazione. Vivi per tre o quattro mesi su un set, la troupe diventa la tua famiglia, quella che ancora non ho ma che tanto vorrei, e poi in attesa di un nuovo ingaggio te ne stai solo e triste in albergo, suoni la chitarra, giochi a tennis, guidi per la città».

Sulla rappresentazione dell’Italia attraverso la cerimonia dei Telegatti, alla quale nel film partecipa il protagonista premiato da Simona Ventura e Nino Frassica con la complicità di un balletto di Valeria Marini, la Coppola spiega: «Adoro l’Italia e la sua cultura che conosco bene grazie a mio padre (di origini lucane - ndr) e quelle immagini girate a Milano rappresentano il mondo dello spettacolo in generale, uguale in tutto il mondo». E sul cinema americano aggiunge: «È un momento difficile per gli indipendenti che non sono interessati a realizzare film facili e vogliono il pieno controllo sul progetto. Io sono stata fortunata: anche le donne regista sono in aumento rispetto agli anni in cui ho cominciato».

Figlia del grande Francis Ford Coppola, che l’anno prossimo riceverà l’Oscar alla carriera proprio come produttore, Sofia aggiunge: «Papà è molto felice del mio film, lui mi ha sempre incoraggiato a realizzare lavori personali per mantenere la mia libertà in campo creativo».

giovedì 2 settembre 2010

le news più strane dei giornali

Cameriere salva vittima di rapina: licenziato per essersi allontanato dal posto di lavoro

Qualche tempo fa, Juan Canales, mentre era alla sua terza settimana di lavoro come cameriere a Fort Lauderdale, Florida, ha visto di fronte al ristorante una giovane donna aggredita da un rapinatore armato che voleva impossessarsi della sua auto.
Canales è intervenuto, riuscendo a salvare la donna e a bloccare il rapinatore, trattenendolo fino all’arrivo della polizia.
Un gesto che molti si aspetterebbero venisse apprezzato e ammirato, giusto? Invece no: tornato all’interno del ristorante, il proprietario lo ha licenziato, per avere abbandonato il luogo di lavoro senza autorizzazione.
84thaifood
Facile immaginare lo stupore i Canales che della vittima dell’aggressione, Massiel Marquartdt, che non si aspettavano certo una conclusione di questo tipo.
Ma il proprietario del ristorante, anche intervistato dai giornalisti non ha cambiato le sue opinioni di una virgola: “Sarà anche un eroe, ma non è un buon dipendente”.

Vince per due volte il jackpot della lotteria, ma ora vive nullatenente in una roulotte

Evelyn Adams è una persona molto fortunata, o meglio avrebbe potuto esserlo. Già, perché la Adams ha vinto non una ma ben due volte alla lotteria di stato del New Jersey, per un totale di 5,4 milioni di dollari.
Il problema però è che la Adams era (ed è ancora) una con il vizio del gioco d’azzardo, ed è riuscita a perdere tutto il suo denaro giocandolo (“sfruttando” anche la vicinanza di Atlantic City).
Oggi la Adams è nullatenente, e vive in una roulotte. Al momento della bancarotta, ha commentato: “Sono umana e commetto errori”.

Tenta di farsi cambiare due banconote da un milione di dollari

Un uomo della Costa d’Avorio è stato arrestato negli Emirati Arabi per avere raggirato una donna, convincendola a tentare di farsi cambiare due banconote da un milione di dollari ciascuna.
La donna (al momento non si sa se indagata come complice) si era lasciata convincere a chiedere di farsi cambiare le banconote dalla Banca Centrale del paese, in cambio di un terzo dell’importo.
soldi-monopoli
Chiaramente, la banca non si è lasciata ingannare e ha presentato denuncia. Infatti, non sono mai esistite banconote in dollari con un taglio così enorme – e ovviamente già questa è una cosa che alla banca non è sfuggita – ma inoltre le banconote erano di colori diversi sui due lati. Come se non bastasse, raffiguravano George Washington, lo stesso Presidente raffigurato sulle banconote da 1$.
L’uomo ha spiegato alla polizia di non sapere che le banconote fossero un falso, e quindi di essere innocente. Ma non è chiaro, in questo caso, perché stesse cercando di usare un intermediario.
“Uccide” l’avatar del marito virtuale, rischia 5 anni di prigione
Una donna giapponese di 43 anni passava molto del suo tempo libero nel gioco online “Maple Story”, dove si combattono mostri e si svolge attività sociale. Lì la donna aveva anche un marito virtuale, che però un giorno ha divorziato da lei, senza nessuna spiegazione. “Mi ha fatto terribilmente arrabbiare”, ha detto poi la donna.
Per vendicarsi, la donna è entrata in Maple Story con userid e password dell’ex “marito virtuale”, e ha ucciso il suo personaggio.
maple-story
Una vendetta che vi sembra da poco? Ora la donna, che ha dichiarato che non aveva in mente alcuna “ritorsione” nella vita reale, rischia cinque anni di prigione e l’equivalente di 5.000 dollari di multa: la donna infatti, è stata incriminata per accesso illegale ad un sistema informatico e illecite modifiche a dati elettronici.