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lunedì 29 novembre 2010

The best pictures in the world

Jessica Alba and his daughter in Los Angeles
Miss France in a football match
Thailandia. Monkey buffet
Protest against the abuse of animals for fashion
Problems in Haiti for presidential election.
Jacuzzi in favelas in Rio de Janeiro. Ex narcos built it . Police free the favelas. 
Franz-Josef Bode priest in Osnabrück. He confessed his sin. 
Fire in Turkey. Old bulding since 1908.
Turtles turn back at sea in North Colombia

Police women in Abyan for a Cup beetwen Kuwait vs Yemen 
Greenpeace fly around Chichén Itzá
New Delhi Gay Pride

venerdì 26 novembre 2010

notizie strane

Detenuto tenta di spacciarsi per un poliziotto dal telefono della prigione


Un certo Bradley Pryor era stato arrestato per furto in un negozio di vestiti, da cui aveva sottratto diversi capi di abbigliamento ed altri accessori.
Un reato minore, ed infatti il giudice aveva imposto una cauzione di soli 1.000 dollari. Ma Pryor ha pensato di essere più scaltro, e ha ideato un piano più articolato. Dal telefono della prigione, invece che chiamare qualche parente per farsi prestare i soldi della cauzione, ha chiamato l’autorimessa dove era stato portata la sua auto, sequestrata dagli agenti di polizia, sostenendo di essere un poliziotto, e che l’auto doveva essere immediatamente restituita al proprietario perché c’era stato un errore. L’impiegato dell’autorimessa ha però obiettato che l’arrivo dell’auto era già stato registrato e quindi, anche volendo, serviva una comunicazione formale.
Fatto sta che Pryor non ha tenuto presente un piccolo, ma non trascurabile, aspetto: le telefonate dei detenuti dal telefono della prigione sono ascoltate dagli agenti di polizia penitenziaria, oltre che registrate.
Inevitabilmente, la telefonata gli è costata una ulteriore denuncia per avere impersonato un pubblico ufficiale, e gli è stata imposta una cauzione di 5.000 dollari. Non osiamo pensare che piano geniale potrebbe ideare questa volta.

Licenziata per prolungate assenze ingiustificate, ma è in coma

Una donna spagnola, Sandra Tejero, di Barcellona, è stata licenziata per “assenze ripetute e non giustificate” dal posto di lavoro, un negozio di animali.
Solo che la Tejero una buona motivazione per le assenze (che qualcuno evidentemente non ha notato essere anche consecutive): era in coma in seguito ad un incidente stradale.
coma
Evidentemente nessuno al lavoro ha pensato minimamente di preoccuparsi di scoprire come mai la donna non si presentava al lavoro da qualche giorno, prima di decidere per il licenziamento.
Secondo alcune fonti, in seguito alle proteste che questa situazione ha generato, la donna dopo qualche mese sarebbe stata ri-assunta.

Tentano il record di numero di sms spediti, ma scoprono di non avere una tariffa “flat”. 26.000 dollari di bolletta.

Due americani, Nick Andes, 29 anni, e Doug Klinger, 30 anni, si erano messi in testa di battere il record di numero di sms spediti in un mese. I due si sono messi di impegno, e sono arrivati a ben 217.033 sms inviati l’un l’altro in un mese. Per carità, molti messaggi erano banali (una sola parola) e spesso c’erano ripetizioni.
Ma i due, oltre a non avere evidentemente molto da fare nelle loro giornate, sono purtroppo piuttosto ingenui. Innanzi tutto, il Guiness World Records non ha ancora riconosciuto il record, dovendo innanzi tutto decidere se la loro “performance” sia  equiparabile a quella del precedente record che avrebbero voluto battere, i 182.000 ed oltre messaggi inviati da una certa Deepak Sharma nel 2005, che però li ha inviati da sola ad amici e parenti (ringraziate il cielo che non avesse avuto il vostro numero di cellulare, dev’essere stata un’esperienza atroce per i suoi conoscenti…).
sms-regord
Ma soprattutto, i due hanno scoperto che l’abbonamento “all-inclusive” che credevano di avere non era evidentemente tale, dato che l’operatore a fine mese ha recapitato loro una bolletta da oltre 26.000 dollari, in un plico talmente ingombrante che la sola spedizione della bolletta è costata oltre 27 dollari.
I due hanno protestato, contestando che il loro abbonamento prevede l’invio di sms gratis almeno a certi numeri di telefono selezionati (tra cui, reciprocamente, i loro due), e l’operatore sta facendo delle verifiche, anche se sembra che nelle “righe piccole” potrebbe esserci un limite (irraggiungibile dalle persone sane di mente) al numero di sms inviabili gratuitamente.


domenica 21 novembre 2010

Facebook addio: scopri i 5 concorrenti più agguerriti


Dopo l’annuncio di Messages, il popolo del web si interroga sul futuro del servizio di messaggistica unificato di Facebook. Sarà un successo o un flop? Una cosa è certa: il social di Zuckerberg ha centrato il punto debole di e-mail e sms.
Il web ne parla – Le reazioni sul nuovo servizio di messaging di Facebook non si sono fatte attendere: sta reinventando il modo di comunicare, sta cercando di far fuori il servizio della startup newyorkese GroupMe e, naturalmente, potrebbe fare le scarpe a Gmail. E la lista degli esempi potrebbe allungarsi. Ma come per qualsiasi nuovo servizio, quello che conta non è tanto il giudizio degli “addetti ai lavori”, quanto la reazione degli utenti comuni, di chi alla fine userà (o meno) il nuovo sistema di messaggistica.
Troppe e-mail – Se si analizza l’idea di messaging di Facebook a mente fredda, ci si accorge che si tratta davvero di un passo avanti perché uno dei maggiori problemi della comunicazione, soprattutto via e-mail, è che i messaggi che arrivano nella casella elettronica sono davvero troppi. Si potrebbe tenere il proprio indirizzo provato, è vero, ma per chi lavora non è una strada percorribile. Facebook ha centrato il cuore del problema, ossia offrire un servizio “chiuso” solo alle persone che realmente si conoscono, o almeno è così in linea di principio. Il sistema di filtraggio, poi, fa il resto.
Parole d’ordine: unificare – Altro punto a vantaggio di Facebook Messages è che aggrega varie forme di comunicazione. Se sul lavoro si privilegia l’e-mail e il telefono, in ambito privato vanno per la maggiore sms, chat, oltre ovviamente a porta elettronica e telefonate. La possibilità di avere tutta la comunicazione intercorsa con qualcuno, in qualsiasi forma sia avvenuta, in un unico posto è fantastico. Addio frammentazione e poi quando vi vuole tagliare i ponti con qualcuno, basta un clic per sbarazzarsi di tutto.
Bug qua e là – Il rovescio della medaglia, quando si tratta di Facebook, è sempre la questione della privacy e il proliferare delle false identità. Il super social non è un sistema perfetto e, nonostante le critiche, sta cercando di correre ai ripari, soprattutto adesso che la posta in gioco si fa sempre più alta. Così, nell’ennesimo tentativo di fare pulizia tra account ritenuti “falsi”, anche questa volta ci sono andate di mezzo vittime innocenti, soprattutto del gentil sesso. Quando il sistema automatico pensa di aver beccato un account “fake”, lo disabilita e chiede di confermare la propria identità con un documento di riconoscimento. È quello che sta succedendo in queste ore visto il numero di segnalazioni e reclami che si sollevano da più parti.

giovedì 18 novembre 2010

«Noi, i poveri del calcio dorato»

Da Carrara a Massa ci sono appena 8 km di strada, ma c’è di mezzo il mare (le due Marina) e nella rete ci sono finiti da un pezzo i due bomber “indigeni” del calcio degli anni ’70-’80: il carrarino Marco Cacciatori, 54 anni e il massese Dante Bertoneri, 47 anni. Uniti da un triste, ma per niente insolito destino: quello dell’ex calciatore professionista che dopo aver accarezzato la polvere di stelle, a fine carriera si è ritrovato nel fango del dio pallone.

Marco e Dante non si sono mai incrociati nel derbyssimo Carrarese-Massese e così si ritrovano da ex, dopo tanti anni e con qualche capello in meno, a “sfidarsi” con le miserie e gli splendori di una vita spesa per il calcio. Seduti ai tavoli di un Bar di Carrara bevono un caffè dolceamaro come i loro ricordi. «Avevo 23 anni – attacca Cacciatori – quando un’estate mi sono ritrovato dalla D alla Serie A, nel Perugia di Castagner. Un Perugia da record, imbattuto - 30 partite su 30 - e il sottoscritto che al debutto a San Siro segnò un gol all’Inter. Roba che quando ci ripenso mi viene da piangere...». Ma le lacrime sarebbero arrivate purtroppo in quell’estate e non perché il Perugia lo aveva venduto come «pedina di scambio» per portare Paolo Rossi in Umbria, ma perché una volta passato al Vicenza scoprì di avere un tumore ai testicoli. 

«Ero in ritiro quando mi diagnosticarono un “carcinoma embrionale”. Due operazioni e poi dal Vicenza passai al Genoa. Tornai in campo contro il Cesena e sentivo che avevo il fiato corto, il polmone destro era entrato in metastasi. Tre anni di chemioterapia, vissuti con il terrore di non farcela... Poi ne sono uscito fuori e ho giocato fino a 35 anni, ma quelle stagioni di stop sono andate in fumo. Quattro anni persi per la mia pensione da calciatore professionista dopo una carriera chiusa con 168 gol». Alcuni anni fa Avvenire si occupò del “caso Cacciatori” sollecitando una campagna di sensibilizzazione, affinché qualche club si facesse carico di quei 4 anni di contributi mancanti. Il “Caceta”, così lo chiamano i tifosi, nel frattempo per mandare avanti la famiglia si era impiegato come trasportatore alle cave di Carrara. «Alla fine l’Enpals mi ha accordato 1.080 euro di pensione, ma 480 se ne vanno in contributi volontari e poi c’è l’affitto della casa, 450 euro. Se non ci fossero i 400 euro - per sei mesi l’anno - che mi dà l’Oratorio Don Bosco di Nazzano per allenare una squadra di ragazzi, io e mia moglie - disoccupata - saremmo ridotti alla fame. 

Sopravviviamo con 500 euro al mese...». Dante scrolla la testa, conosce bene il peso di quel vivere sempre appeso al filo di un rasoio. Il suo presente è «precarissimo», quanto quello di Cacciatori e il passato di gloria, ormai lontano, lo ripercorre rapido, con il passo del podista «campione italiano over 40». Ultimo retaggio del grande talento, il cursore del Torino primi anni ’80 che impressionò persino la Juve di Trapattoni. «Sergio Vatta diceva che ero il miglior giovane del Toro e infatti debuttai in A a 17 anni. Dopo i primi articoli, con il mio nome a carattere cubitali sui giornali sportivi, pensavo di aver sfondato, ma nell’estate dell’83 il ds Luciano Moggi con il suo solito modo autoritario mi fece: “Caro Dante: l’anno prossimo te ne vai a Cesena...”. 

Mi voleva spedire in B: alla fine rimasi in A, nell’Avellino, ma dopo un inizio convincente cominciarono i problemi e me ne scappai a Massa... Di Somma venne a riprendermi promettendo a mio padre che se mi avesse convinto a tornare ad Avellino gli avrebbero regalato un Ape Piaggio... Mio padre è morto e quell’Ape non l’ha mai visto. Io ho cominciato a stare male e la situazione precipitò a fine stagione quando mi mandarono al Parma...». Sospira Bertoneri, questo è il capitolo più amaro: «Ero infortunato, menisco, ma Carmignani voleva che giocassi a tutti i costi. Avevo tanto di certificato medico, ma lui niente, insisteva: “Non fare storie su, in campo ci puoi andare...”. Io mi rifiutai e così dissero che mi ero reso colpevole di “insubordinazione”. 

Mi mandarono via e fui accusato di avere comportamenti inadeguati alla squadra, solo perché non volevo farmi le iniezioni di Cortex o perché evitavo di prendere il Micoren. Avevo paura di quella roba là e poi stavo male sul serio. Mi venne diagnosticata una grave forma di esaurimento nervoso che non mi ha più abbandonato e ha segnato il successivo passaggio. Come Marco ho giocato nel Perugia, ma andò male e alla fine sono venuto a chiudere alla Massese». Squadra che ha sempre amato e che dopo il fallimento di due anni fa avrebbe voluto rilevare con un gruppo di appassionati.

Alla fine ha messo in piedi una squadra dilettantistica, l’Asd Massese, che porta avanti suo fratello Fabrizio. «Io non ho i mezzi per fare il presidente. Sono sei anni che busso ovunque chiedendo un lavoro e trovo solo porte chiuse. La settimana prossima comincio un corso per operatore familiare, sono disposto a fare anche il badante, l’importante è lavorare perché vorrei sposare Marilia. È la mia ragazza, l’ho conosciuta a un gruppo di preghiera nella chiesa di San Sebastiano a Massa. Solo lei e la fede mi dà la forza di resistere, altrimenti qui ogni giorno diventa sempre più dura. Dal Torino tante promesse, ma poi sono spariti tutti...». 

Cacciatori annuisce e poi sbotta: «Sono tre anni che sto a casa ... Il mondo del calcio una volta che hai smesso si dimentica di quello che hai fatto, specie per la squadra della tua città. Se Buffon e Lucarelli mi chiamassero alla Carrarese, io sarei disposto a fare anche il custode dello stadio. Ma non chiama mai nessuno...». Marco e Dante si abbracciano e si salutano con una speranza: ritrovarsi al Bar a brindare con il primo stipendio di un lavoro. Sarebbe il gol più bello della loro vita.

lunedì 15 novembre 2010

L’occhio di Google ora vede «troppo»

Acclamato dal popolo di Internet, ma inseguito dalle autorità di controllo di mezzo mondo. Sembra essere questo il destino di Google, il colosso del Web finito di nuovo sotto accusa per presunte violazioni della privacy. Nell’occhio del ciclone c’è ancora Street View, il servizio che grazie alle immagini girate da una telecamera consente di 'passeggiare' virtualmente per le strade di oltre trenta Paesi.

A bordo della cosiddetta Google Car, la vettura da cui si effettuano le riprese, i tecnici della compagnia hanno catturato «accidentalmente » anche un numero imprecisato di dati personali, che è stato possibile captare attraverso le reti non protette. Per questo nei giorni scorsi la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta a carico dell’azienda americana. Il fascicolo, affidato al pm Eugenio Albamonte, è al momento a carico di ignoti. L’accusa è quella di interferenze illecite nella vita privata. I casi riguardano però decine di altri Paesi. Fatti accertati, indiscutibilmente, proprio perché a rivelarli è stata la stessa Google, in un comunicato pubblicato nel maggio scorso sul proprio blog ufficiale, come è abitudine della compagnia.

Ciò che gli investigatori vogliono verificare è se i dati immagazzinati da Google, comprese immagini e «frammenti» di messaggi di posta elettronica, possono far risalire all’identità degli utenti. Denunce, oltre che dall’Italia, sono giunte nelle ultime settimane da Canada, Spagna, Repubblica Ceca e Regno Unito. Negli Stati Uniti l’azienda ha ricevuto una piena assoluzione, da parte della Federal Trade Commission, mentre l’authority delle comunicazioni, che ha aperto una propria inchiesta, deve ancora pronunciarsi. Nell’Oregon e in diversi altri stati americani è partita una raffica di cause civili, con richieste di danni per milioni di dollari.

Ma la "fuga" di dati personali, come ha spiegato Google, è avvenuta anche in Australia, Austria, Belgio, Brasile, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Hong Kong, Ungheria, Irlanda, Giappone, Lussemburgo, Macao, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Singapore, Sud Africa, Corea del Sud, Svezia, Svizzera e Taiwan. In Canada, il Commissario alla privacy, Jennifer Stoddart, ha spiegato che in base ai risultati dell’inchiesta «Google ha effettivamente catturato informazioni personali, in alcuni casi estremamente sensibili, come interi messaggi di posta elettronica, indirizzi email e numeri di telefono». Stoddart ha confermato che si è trattato di un errore, il quale tuttavia «avrebbe potuto essere facilmente evitato». Perciò ha ordinato alla compagnia di migliorare le condizioni di sicurezza e di distruggere i dati in suo possesso, fissando un ultimatum per mettersi in regola al primo febbraio 2011.

Le dichiarazioni dell’authority canadese hanno fatto ripartire un’indagine precedentemente aperta in Gran Bretagna. A ciò si aggiungono le polemiche per le presunte violazioni della privacy da parte delle "Google Cars", le vetture che montano la telecamera e scorrazzano per le città registrando le immagini destinate a Internet. Spesso nelle inquadrature finiscono inconsapevoli passanti o particolari degli edifici, come giardini privati, finestre e balconi, poiché l’occhio della telecamera gira a 360 gradi a livello del marciapiede. Un servizio "cartografico" utilissimo se si deve raggiungere una destinazione, ma che pone interrogativi sul rispetto della sfera privata. In Germania, il governo federale ha lanciato un sondaggio fra gli abitanti delle venti città immortalate da Street View. Circa 250mila tedeschi hanno risposto chiedendo di rendere irriconoscibili le proprie abitazioni. Google ha cantato vittoria, sostenendo che dopo tutto si tratta solo del 3% della popolazione interessata. Al tempo stesso però le 'cancellazioni' riguarderanno molti più utenti, poiché dovranno essere "rimossi" interi edifici. L’iniziativa tedesca ha dichiaratamente ispirato il nostro Garante della privacy, Francesco Pizzetti, che nei giorni scorsi ha disposto un perimetro di regole entro il quale si dovranno muovere le "Google Cars".

Dopo l’iniziale curiosità e qualche 'peccatuccio' di valutazione da parte dei media, come i resoconti boccacceschi sulle ragazze sorprese dalla telecamera in piscina, i governi stanno dunque passando ai fatti. Sul blog ufficiale di Google, il vicepresidente del settore Engineering & Research, Alan Eustace, è tornato a scusarsi per gli incidenti provocati da Street View, promettendo che non si ripeteranno. L’azienda, si legge nel "post", ha predisposto nuovi piani di adde­stramento per il suo personale e nominato un proprio 'garante' interno per il rispetto della privacy. Gli Stati Uniti sembrano essersi finora accontentati delle rassicurazioni offerte dalla compagnia. La Federal Trade Commission ha appena comunicato la chiusura delle indagini senza alcuna sanzione per Google. Secondo quanto scrive il Washington Post , tale provvedimento evidenzia il «solco» esistente tra gli Stati Uniti, dove c’è ormai un’abitudine allo «scambio di informazioni», e l’Europa, dove le leggi proteggono in maniera «estensiva» la privacy dei cittadini. Un divario «culturale» che al colosso di Internet potrebbe costare multe salate.In Germania «cancellati» edifici dopo le proteste di 250mila cittadini A Roma s’indaga per interferenze illecite nella vita privata

mercoledì 10 novembre 2010

web usability

Un sito web dovrebbe offrire semplicità di accesso alle informazioni ed efficacia nell'utilizzo dei servizi/funzioni rese disponibili, consentendo di ottimizzare i percorsi tipici di lettura/ricerca/fruizione dei target del sito web. 
Le indicazioni della web usabilty nascono da un approccio web user centric. 
La definizione del target e quindi dell'utilizzatore medio è fondamentale non solo nella definizione degli obiettivi del progetto web (informazione, vendita, supporto al cliente) ma anche per il disegno architetturale, funzionale e informativo del sito web. In letteratura, se di questa si può già parlare, si citano spesso alcuni criteri guida per la valutazione qualitativa delle applicazioni web (comunemente chiamate siti web):

Funzionalità: es. funzionalità di ricerca, funzionalità informativa in real time. Ci si deve preoccupare che le funzionalità per l'utilizzo dei servizi sia efficace e coerente con i target (esempio: se in un sito di commercio elettronico rivolto al consumer il processo di acquisto non permette di selezionare durante lo stesso processo di acquisto la modalità di spedizione)

Accessibilità: punti di visibilità (link relationship), posizionamento in search engine con parole chiave, url di facile memorizzazione. Accessibilità eventuale a utenti disabili, a utenti con sistemi diversi (web browser versioning, sistemi operativi -MAC-, tempi di accesso/sistema di connettività ecc..).

Contenuto: i contenuti devono essere rilevanti per il target, devono dare segnali di affidabilità e aggiornamento.

Usabilità: risposte adeguate alle attese del target (per es. chi deve acquistare on line riesce facilmente a capire se c'è il prodotto che sta cercando, verificarene le caratteristiche attese - descrizione dettagliata e disponibilità -..., scegliere la modalità di pagamento e di spedizione, leggere una chiara informativa contrattuale e di garanzia?)

Gestione: tempi di up time prossimi al 100%, costantemente presidiato per provvedere a inevitabili attacchi esterni al contenuto e/o ai dati.

Comunicazione: è chiaro l'obiettivo del sito, la home page è un valido punto di accesso? Il tipo di comunicazione è coerente con la missione e i target del sito?

Enough Oxygen for Life Found Millions of Years Too Early

Earth’s atmosphere contained enough oxygen for complex life to develop nearly 1.2 billion years ago — 400 million years earlier than scientists previously believed.

The findings, reported in the Nov. 11 Nature, could lead scientists to reconsider the prerequisites for animal life, on Earth and other planets.

“It means that the conditions were in place for complex life to arise,” said geologist John Parnell of the University of Aberdeen in Scotland, lead author of the new study. “There might be animals in that earlier window that we have not yet found.”

Geological records show there was one major increase in the amount of oxygen in Earth’s atmosphere around 2.3 billion years ago, and another around 800 million years ago.

That second spike in oxygen levels was thought to be connected to the Cambrian explosion, the swift development of most of the major animal groups that came around 550 million years ago.

Parnell’s results suggest oxygen can’t be the whole story.

“It may have been that something else gave evolution the kick-start which caused animals to evolve,” he said. “Oxygen in the atmosphere was already there for quite a long time.”


To figure out how much oxygen was in the early atmosphere, Parnell and his colleagues searched 1.2 billion-year-old rocks from what was once a lakebed in Scotland for the chemical signatures of ancient bacteria.

Before there was a useful amount of free oxygen around, these bacteria used to get energy by converting sulfate, a molecule with one sulfur atom and four oxygens, to sulfide, a sulfur atom that is missing two electrons.

Geologists can get a glimpse of how efficient the bacteria were by looking at two different sulfur isotopes, versions of the same element that have different atomic masses. Converting sulfate to sulfide leaves the rock with a lot more of the isotope sulfur-32 than would be there without the bacteria’s help.

The geologists extracted pyrite, also known as fool’s gold, from the rocks. They then pulled sulfur from the pyrite by chemical processing and by zapping the rocks with a laser. The amount of sulfur-32 was much higher than bacteria could have produced without oxygen.

Parnell suggests the bacteria were able to use oxygen in the atmosphere to convert between the two different forms of sulfur (sulfate and sulfide) many times.

“Their metabolism was becoming more complicated,” he said. “The more cycles of that [reaction] that they caused, the more sulfur-32 you ended up with.”

The team concluded that the amount of oxygen in the atmosphere 1.2 billion years ago approached the levels at the time of the Cambrian explosion, roughly 10 percent of current oxygen levels. Ten percent may be enough to start complex life, Parnell says.

“It’s only when you can start processing oxygen in a complex way that you can then start to produce different cells that do different things,” Parnell said. “That’s what gives rise to animals.”

The evolution of large animals could have been triggered by changing geological conditions, like the end of a dramatic ice age about 600 million years ago, he says.

Parnell also hinted that the results could have implications for sulfur-eating bacteria on other planets like Mars, although because he has another paper in preparation, he didn’t want to go into very much detail.

“If there are microbes on Mars either today or in the past, this kind of metabolism is one which would be readily available to them,” he said. “The stage of chemical reduction from sulfate to sulfide is completely feasible on Mars.”

“I’m pretty thrilled by the paper,” said geochemist Michael Russell of NASA’s Jet Propulsion Lab, who was not involved in the new study. “I’d like to see this kind of thing done ever further back in time, so we can get a sense of just how much oxygen there was in the atmosphere.”

venerdì 5 novembre 2010

Direct Marketing News Video

USA Network program rewards loyal viewers

USA Network has launched a loyalty program called “Character Rewards.” The cable TV network's viewers can earn and redeem points for gift cards and show-branded merchandise through the Web.

USA is using e-mail, social media and TV ads to market the program, which was created by the network's in-house marketing team.

The debut of Character Rewards is being tied to the July 14 season premiere of the series Psych. The show's fans will be able to accrue points at ClubPsych.com by watching videos, playing games and reposting content to Facebook and Twitter. The website is scheduled to launch July 13.

This week, viewers will be able to redeem points for virtual Psych-related goods. Starting next week, they can spend use their points toward gift cards for major retailers or Psych T-shirts, mugs, bobbleheads and other items.

Character Rewards' goals include encouraging loyal fans to act as ambassadors for shows through Twitter and Facebook and to steer viewers to USA's website, said Jesse Redniss, the network's vice president of digital.

“Some users will come and watch a lot of the video or play some of the games but not really know how deep the overall site offerings can really be,” Redniss said. “So this is a way to really reel them in and tie them to a path in which they can go watch a video, then go play a game, then pick a trivia, participate in a chat, so they can really feel the 360-offering that USA can do across all the digital mediums.”

Redniss added that the network plans to extend the program to all of its series over the next year.

“We're using Psych to launch it,” he said. “The fans of Psych are so rabid. We've got over 600,000 Psych fans on Facebook alone. And they seem to be extremely interactive and they like this kind of content. So we're going to be rolling this out to pretty much all of our properties over the next 12 months.”

USA is spreading the word about Club Psych by e-mailing users in its database, as well as those in the databases of its sister NBC Universal networks. USA also is utilizing Facebook and Twitter.

mercoledì 3 novembre 2010

Consolidamento debiti – perché conviene ?

L’operazione di consolidamento dei debiti rappresenta un soluzione finanziaria la cui richiesta è cresciuta di pari passo con l’aumento dell'indebitamento e del ricorso al credito.
Tali circostanze hanno generato come conseguenza, un moltiplicarsi delle scadenze mensili delle rate del prestito personale o del mutuo da onorare, creando non poche problematiche alle tante famiglie che difronte a questa situazione corrono il rischio di dimenticare il pagamento di qualche rata (anche se in maniera del tutto innocente) con le dovute conseguenze che ne derivano.
Il vantaggio del consolidamento dei debiti si concretizza sostanzialmente per chi ne beneficia a dover adempiere al pagamento di rate più basse ad un unico creditore (su cui grava tutta la posizione debitoria) anche se ovviamente si prolungano i tempi del rimborso
L'accostarsi ad un prodotto come il consolidamento dei debiti, in certuni casi, conduce di norma in direzione di due diverse strade maestre, cui corrispondono due diverse filosofie procedurali di concessione di tale linea di credito.
Ci sono istituti finanziatori come finanziarie e banche che richiedono, a garanzia dell'operazione, l’esistenza di un immobile. In tal caso il creditore che subentra, estingue i debiti, e sul nuovo totale fissa con il cliente una durata di restituzione del finanziamento più lunga, rideterminando la rata mensile in base alla disponibilità di reddito, con un prestito garantito da ipoteca sull’immobile.

L’AIDA (Attenzione, Interesse, Desiderio, Azione) nel marketing delle affiliazioni


Ha senso utilizzare nell’internet marketing un modello dell’advertising tradizionale creato negli anni ‘60? Ed usarlo nell’ambito dei programmi di affiliazione (affiliate marketing)? Analizziamo questo caso…

Immagina di dover promuovere un prodotto tramite un programma di affiliazione: potresti utilizzare un banner fornito dal merchant, scrivere un post sul tuo blog, scrivere uno spot sulla tua newsletter oppure mandare una email alla tua lista di contatti.

Potresti fare una o più di queste cose senza alcuna strategia, usando solo un po’ di buon senso: scegliere un banner "bello", scrivere un post "interessante" e così via. Fatto questo, potresti ottenere un sacco di vendite, oppure…
Gli utenti eliminano la tua email senza leggerla, non leggono il tuo post ed ignorano il banner perché non sei riuscito ad attirare la loro attenzione.
Gli utenti "scansionano" l’email ed il post velocemente senza dimostrare interesse per il prodotto che stai proponendo.
Gli utenti leggono l’email ed il post con attenzione, ma in fondo non desiderano il prodotto e non lo comprano.
Gli utenti desiderano il prodotto, ma non lo comprano subito.

Se succede una delle 4 cose che ho descritto, non guadagnerai nulla tramite il programma di affiliazione. Ecco perché è bene avere sempre in mente il modello AIDA:
Attenzione.
Interesse.
Desiderio.
Azione.

Quando scrivi il titolo di un post, l’oggetto di una email o scegli il banner da utilizzare, devi considerare innanzitutto che il tuo primo obiettivo è quello di attirare l’attenzione delle persone che possono essere interessate al prodotto che vuoi vendere. Come si fa? Devi scegliere un headline persuasiva, specifica e concreta.

Ad esempio, supponi di voler vendere un software per il commercio elettronico. Potresti scrivere "Fare soldi online". E’ un titolo persuasivo, specifico e concreto? No, probabilmente attira molti curiosi interessati a tutt’altro rispetto al prodotto che viene venduto.

Un headline migliore potrebbe essere: "Crea un negozio online", meglio ancora "Crea un negozio online spendendo poco". E’ un titolo specifico e concreto? Non abbastanza. "Poco" è troppo generico: per qualcuno "poco" equivale a 50 euro, per altri 5.000 euro.

Un headline che rispetta i requisiti potrebbe essere "Come aprire un negozio online spendendo meno di 1.000 euro?"

Ora hai attirato l’attenzione della persona giusta, qual è il prossimo passo?

Devi stimolare il suo interesse per il prodotto. In altre parole, devi elencare i benefici procurati dallo stesso. Un beneficio può essere semplicemente la soluzione ad un problema. Quindi devi chiederti quali sono i problemi che spingono una persona a cercare il prodotto che stai vendendo e, successivamente, far vedere come vengono risolti.

Non bastano però l’attenzione e l’interesse, ci vuole anche il desiderio di possedere un oggetto. A questo punto entra in gioco la psicologia. Le persone acquistano in modo emotivo ed istintivo, quindi è possibile che una persona faccia un acquisto per soddisfare un proprio desiderio e poi trovi una giustificazione razionale per l’acquisto nei benefici che hai elencato in precedenza e nelle caratteristiche del prodotto. Come si stimola il desiderio? Ce lo insegna la pubblicità in TV: raccontando delle storie nelle quali il consumatore si possa rispecchiare.

Lo spiego meglio riprendendo l’esempio del software ecommerce: potresti illustrare la case history di un’azienda che ha aumentato considerevolmente il proprio fatturato aprendo il proprio negozio online utilizzando tale software (spendendo meno di 1.000 euro).

Qual è l’ultimo passo? L’invito all’azione! Sembra banale, ma a volte gli utenti non compiono un’azione semplicemente perché non gli hai detto di farlo o perché non hanno trovato un modo rapido per farlo. Quindi, una volta raggiunti gli obbiettivi descritti nei punti 1,2 e 3, il punto 4 dev’essere sollecitato e reso il più semplice possibile. Ora usa il modello AIDA per guadagnare tramite le affiliazioni!