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venerdì 13 luglio 2012

YouTube lancia in Francia 13 canali tematici!

Ad ottobre prossimo YouTube lancerà 13 canali televisivi gratuiti, come già successo negli Stati Uniti.
Il sito di video-sharing di proprietà di Google ha selezionato alcune agenzie per la creazione dei contenuti da proporre nel Web, attraverso un bando rivolto non solo alle classiche case di produzione, ma anche asiti webe adagenzie pubblicitarie

Fra i vincitori della gara, figurano giganti del settore, come Endemol, e una società francese di nuova generazione come la Troisième Œil. I canali francesi prensenti su YouTube saranno estremamente tematizzati, e spazieranno fra salute, cultura, cucina, intrattenimento per le famiglie.

YouTube ha preso questa iniziativa per proporre agli inserzionisti un tipo di pubblicità che sia sempre più segmentato e orientato verso il consumatore.

I produttori partner riceveranno un compenso medio di 500.000 euro, che potrà raggiungere anche il milione di euro e 20 ore di contenuti inediti all’anno.
Tuttavia si tratta di compensi estremamente ridotti perché adeguati al mondo di internet, basti pensare che il budget annuale corrisponde al costo che ha un prime time sulla rete tv più seguita in Francia.
L’esperimento statunitense, lanciato a novembre 2011, ha visto affidare alla star Madonna il canale tematico dedicato alla musica e ad oggi conta già 250 milioni di visualizzazioni.

Un’emittente televisiva classica non avrebbe superato i 10 milioni di telespettatori. YouTube ha intenzione di investire in progetti simili anche in altri paesi europei, come l’Inghilterra e la Germania.
Probabilmente la stessa formula approderà anche in Italia.

Credete che questo modo innovativo di intendere la televisione possa influire sulle classiche emittenti?
Si arriverà alla fruizione completa dei contenuti tematici tramite Web? 

Fonte: Le Figaro

mercoledì 3 novembre 2010

L’AIDA (Attenzione, Interesse, Desiderio, Azione) nel marketing delle affiliazioni


Ha senso utilizzare nell’internet marketing un modello dell’advertising tradizionale creato negli anni ‘60? Ed usarlo nell’ambito dei programmi di affiliazione (affiliate marketing)? Analizziamo questo caso…

Immagina di dover promuovere un prodotto tramite un programma di affiliazione: potresti utilizzare un banner fornito dal merchant, scrivere un post sul tuo blog, scrivere uno spot sulla tua newsletter oppure mandare una email alla tua lista di contatti.

Potresti fare una o più di queste cose senza alcuna strategia, usando solo un po’ di buon senso: scegliere un banner "bello", scrivere un post "interessante" e così via. Fatto questo, potresti ottenere un sacco di vendite, oppure…
Gli utenti eliminano la tua email senza leggerla, non leggono il tuo post ed ignorano il banner perché non sei riuscito ad attirare la loro attenzione.
Gli utenti "scansionano" l’email ed il post velocemente senza dimostrare interesse per il prodotto che stai proponendo.
Gli utenti leggono l’email ed il post con attenzione, ma in fondo non desiderano il prodotto e non lo comprano.
Gli utenti desiderano il prodotto, ma non lo comprano subito.

Se succede una delle 4 cose che ho descritto, non guadagnerai nulla tramite il programma di affiliazione. Ecco perché è bene avere sempre in mente il modello AIDA:
Attenzione.
Interesse.
Desiderio.
Azione.

Quando scrivi il titolo di un post, l’oggetto di una email o scegli il banner da utilizzare, devi considerare innanzitutto che il tuo primo obiettivo è quello di attirare l’attenzione delle persone che possono essere interessate al prodotto che vuoi vendere. Come si fa? Devi scegliere un headline persuasiva, specifica e concreta.

Ad esempio, supponi di voler vendere un software per il commercio elettronico. Potresti scrivere "Fare soldi online". E’ un titolo persuasivo, specifico e concreto? No, probabilmente attira molti curiosi interessati a tutt’altro rispetto al prodotto che viene venduto.

Un headline migliore potrebbe essere: "Crea un negozio online", meglio ancora "Crea un negozio online spendendo poco". E’ un titolo specifico e concreto? Non abbastanza. "Poco" è troppo generico: per qualcuno "poco" equivale a 50 euro, per altri 5.000 euro.

Un headline che rispetta i requisiti potrebbe essere "Come aprire un negozio online spendendo meno di 1.000 euro?"

Ora hai attirato l’attenzione della persona giusta, qual è il prossimo passo?

Devi stimolare il suo interesse per il prodotto. In altre parole, devi elencare i benefici procurati dallo stesso. Un beneficio può essere semplicemente la soluzione ad un problema. Quindi devi chiederti quali sono i problemi che spingono una persona a cercare il prodotto che stai vendendo e, successivamente, far vedere come vengono risolti.

Non bastano però l’attenzione e l’interesse, ci vuole anche il desiderio di possedere un oggetto. A questo punto entra in gioco la psicologia. Le persone acquistano in modo emotivo ed istintivo, quindi è possibile che una persona faccia un acquisto per soddisfare un proprio desiderio e poi trovi una giustificazione razionale per l’acquisto nei benefici che hai elencato in precedenza e nelle caratteristiche del prodotto. Come si stimola il desiderio? Ce lo insegna la pubblicità in TV: raccontando delle storie nelle quali il consumatore si possa rispecchiare.

Lo spiego meglio riprendendo l’esempio del software ecommerce: potresti illustrare la case history di un’azienda che ha aumentato considerevolmente il proprio fatturato aprendo il proprio negozio online utilizzando tale software (spendendo meno di 1.000 euro).

Qual è l’ultimo passo? L’invito all’azione! Sembra banale, ma a volte gli utenti non compiono un’azione semplicemente perché non gli hai detto di farlo o perché non hanno trovato un modo rapido per farlo. Quindi, una volta raggiunti gli obbiettivi descritti nei punti 1,2 e 3, il punto 4 dev’essere sollecitato e reso il più semplice possibile. Ora usa il modello AIDA per guadagnare tramite le affiliazioni!

sabato 31 luglio 2010

Lega Pro senza soldi: 36 squadre rischiano di non iniziare il campionato

Alcune società faticano a pagare gli stipendi ai calciatori e i tifosi del Venezia lanciano una sottoscrizione per salvare il club
I campionati della Lega Pro (ex serie C) dovrebbero essere le fondamenta del calcio italiano, ma in questa estate post Mondiale sembrano più che altro pali malfermi di decrepite palafitte. Su 90 squadre, 17 non saranno al via del prossimo torneo, nella maggior parte dei casi per problemi economici: otto hanno rinunciato a iscriversi, altre nove sono state bocciate dalla Covisoc, l’organismo che controlla i conti (disastrati) del pallone italiano. Non è finita: al momento sono escluse per inadempienze varie altre 19 società, che hanno presentato ricorso. Deciderà venerdì il Consiglio federale se accoglierlo o meno. Alle non iscritte vanno aggiunte anche Ascoli e Ancona, in teoria inserite nella serie B 2010-2011: se la prima dovrebbe essere in grado di sanare la sua posizione, la seconda è appesa a un filo per non aver presentato nei termini la fideiussione richiesta e la documentazione relativa agli adempimenti previdenziali.

Insomma, un disastro. L’Italia del calcio risente eccome della crisi e vede sparire piazze di provincia, ma anche e soprattutto pezzi di storia. In pochi mesi sono scomparse Mantova(nell’anno del centenario), Perugia e Rimini. Le prime due travolte dal fallimento, la terza perché la cooperativa proprietaria si è stancata di andare avanti e ha messo in vendita il club. Morale, non è spuntato nessun compratore. Rischia grosso anche la Salernitana, mentre in SardegnaOlbia e Alghero hanno già chiuso baracca e anche la Villacidrese si trova in cattive acque. In Puglia si sono dissolte Gallipoli e Monopoli.

Altro che business, il pallone ormai è un giochetto costoso e insostenibile. A Mantova Fabrizio Lori era apparso nel 2004 come un messia in grado di spingere la squadra a lottare per la serie A. Nel 2006 i virgiliani avevano addirittura battuto la Juventus. Meno di quattro anni dopo, fiaccato dai problemi economici delle sue aziende, Lori ha dovuto gettare la spugna. Dietro restano solo macerie: il nuovo Mantova, grazie alla norma che salva il titolo sportivo delle squadre con grande tradizione calcistica, ripartirà dalla serie D. Stessa sorte per il Perugia.

A dipendenti e tifosi non restano che rimedi estremi: i giocatori della Triestina hanno rinunciato agli ultimi stipendi per salvare il club, mentre i supporter della Cavese hanno dato il là a una colletta per raccogliere i soldi necessari all’iscrizione. Simile la trovata dei tifosi del Venezia, che hanno appena lanciato una sottoscrizione popolare per aiutare le casse del disastrato club. Due fallimenti negli ultimi quattro anni l’hanno fatto sprofondare tra i dilettanti. Ora il Venezia United vuol essere il primo esempio di public company applicata al calcio: dieci euro a testa per la tessera, con l’obiettivo di raccoglierne almeno 300 mila e ridare ossigeno alla squadra.

E pensare che nel 2008 la nascita della Lega Pro era stata annunciata tra squilli di tromba dal suo presidente Mario Macalli. Sono bastati due anni per capire che si era trattato solo di una verniciata a un palazzo che già crollava a pezzi. Poche risorse per troppi club, cui si è aggiunto uno scarsissimo appeal per sponsor e spettatori. Laddove non arrivano le pay tv, è difficile trovare i soldi per pagare gli stipendi a fine mese. È una situazione che espone a un rischio concreto: personaggi poco puliti potrebbero proporsi come salvatori per farsi pubblicità o, peggio, per riciclare denaro sporco.

I problemi derivano anche dal gigantismo del calcio italiano. Le squadre professionistiche sono tante: in tutto 132 contro le 92 dell’Inghilterra, le 56 della Germania, le 42 della Spagna e le 40 della Francia. La Football League inglese, l’equivalente della nostra Lega Pro, va a gonfie vele anche perché conta solo 48 squadre. Poche ma buone, in grado di fare il pieno di spettatori a ogni partita. Così uno dei primi rimedi per guarire la Lega Pro potrebbe proprio essere quello di applicare una robusta cura dimagrante ai campionati. Magari evitando anche i ripescaggi.

sabato 3 luglio 2010

Articoli marcati con tag ‘idee innovative’

Pizza Box è uno strumento pubblicitario innovativo ad un costo estremamente inferiore rispetto ai canali standard di pubblicità.Negli USA questo mezzo promozionale ha già riscosso molto successo: ne sono stati stampati oltre 30.000.000, raggiungendo così milioni di consumatori. In Italia Pizza Box ha un futuro assicurato: nel nostro paese ogni giorno vengono consegnate oltre  1.500.000 di pizze
in contenitori da asporto. Grazie a Pizza Box è possibile raggiungere tutte categorie di acquirenti!
CHE COS’E’
Pizza Box è una contenitore da asporto per le pizze (dimensioni 32×32cm) su cui è possibile realizzare serigrafie a tre e quattro colori con risoluzione fotografica.
Pizza Box mette insieme spazio pubblici- tario, prezzi competitivi, abilità di comu-nicazione pubblicitaria, facendo presa su un vastissimo pubblico.
COME FUNZIONA
L’Azienda che pianifica questo tipo di campagna pubblicitaria deve scegliere solo il periodo, il target e l’area dove il messaggio pubblicitario deve arrivare.
Inoltre Fan Media garantisce che le scatole pizza vengano distribuite in specifiche pizzerie, se espressamente richiesto dall’Azienda-cliente.
Fan Media si occuperà della produzione, grafica, logistica e distribuzione gratuita delle scatole pizza nelle pizzerie e nei locali e di tutta Italia in un  tempo massimo di tre, quattro settimane dall’ordine.
I VANTAGGI
Con Pizza Box le Aziende che vogliono reclamizzare un prodotto arrivano direttamente a casa del cliente con uno strumento di marketing innovativo ad un costo contenuto.
Il messaggio “colpirà” proprio nel momento migliore: infatti la propensione psicologica a recepire input pubblicitari è senz’altro più alta in occasioni di svago e di rilassatezza.