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domenica 13 febbraio 2011

Abodi: il bello di essere persone di Serie B

Attenzione, abbiamo scoper­to che per i corridoi di via Ro­sellini, si aggira uno “special one” è il presidente della Lega di Se­rie B Andrea Abodi. Romano 50enne, un esperto di economia dello sport, prestato al calcio che gioca molto di testa. E in testa ha due mission che finora nella palude del sistema pal­lonaro sembravano impossibili, «un calcio a dimensione umana» e un «patto di rilancio di tutto il movimento nella sua globalità». 

Idee che suonano nuo­ve come il suo volto nel conservatorismo del Palazzo di cuoio... 
«So di essere un piace­vole incidente di per­corso. Non è un miste­ro che la mia elezione abbia sorpre­so molti, anche perché la mia can­didatura è maturata dalla base e di questo vado estremamente fiero».
Che conseguenze ci sono state con la scissione dalla Lega di Serie A?
«Sono arrivato a separazione già consumata, ma è stato un distacco indolore. Dividersi per la Lega di B ha significato voltare pagina, com­prendere le proprie peculiarità: ri­manere sì una categoria assistita dal­la Serie A, ma non più calata in una dimensione di pernicioso assisten­zialismo. Inoltre, finita l’era delle conflittualità e la politica dei picco­li orticelli, ora si lavora sulla coope­razione. Se la massima serie alza il suo profilo e cresce in qualità, non va più valutato solo come un aumento del divario con le altre Leghe, ma co­me la possibilità di arricchire l’inte­ro “Sistema”».
La nuova B quindi ora è più auto­noma anche dal punto di vista fi­nanziario?
«La Serie A, attraverso le scommes­se sportive in grandissima parte di matrice calcistica, contribuisce indi­rettamente a finanziare tutto lo sport italiano. E la massima serie ridistri­buisce all’interno del sistema-calcio anche il 10% dei diritti televisivi, con una mutualità che contribuisce al 65% dei ricavi della Serie B. Un altro dei nostri obiettivi è quello di gene­rare da soli oltre il 50% delle entrate».
Gira che ti rigira siamo sempre a par­lare di bilanci e di conti che devono tornare molto prima dei risultati sportivi.
«Sbagliato. Abbiamo una sensibilità a 360 gradi all’interno del- la Lega di B, dalle infrastrutture ai fi­nanziamenti, dal marketing alla par­te tecnico-sportiva. Non esiste un e­lemento o una singola progettualità al centro della quale non ci sia l’ele­mento per me fondante: la “Perso­na”. L’accezione “persona di serie B” che viene usata come dispregiativo, l’abbia­mo ribaltata nell’ingle­sismo fonico “Be” ovve­ro “essere” che è l’input da cui sta nascendo la Fondazione B Solidale.
La “povera” B, rispetto alla ricchissima Serie A, disporrà di una Fon­dazione che mira alla solidarietà?
«Il calcio per il sociale fa molto, ma a volte disperde le ri­sorse, perciò noi abbiamo scelto di seguire dei progetti mirati, come con la Caritas con la quale abbiamo col­laborato nel 2010 in occasione del­l’Anno della Povertà e proseguiremo anche in questa stagione che segna l’Anno del Volontaria­to. Poi dal campionato 2011-2012 ci concentreremo su cinque progetti in altrettan­te categorie: l’infanzia, la ter­za età, la diversa abilità, la ri­cerca scientifica, l’emargi­nazione sociale. Progetti che seguiremo dall’inizio alla fi­ne. Così come continueremo a perseguire anche in campo le tre progettualità principa­li che abbiamo prefissato».
E quali sarebbero le tre pro­gettualità di base?
«La giovane età dei nostri calciatori, la loro italianità e il radicamento al territorio. Rispetto alla passata stagio­ne abbiamo abbassato l’età media dei calciatori di sei mesi (25 anni e 11 mesi). L’81% delle rose sono com­poste da giocatori italiani (10 convocati nell’Under 21) e questo non è una discrimi­nante, perché nell’italianità rientrano anche quei tanti ragazzi di origini extraco­munitaria che sono nati e cresciuti nel nostro Paese. Il rapporto diretto tra una so­cietà calcistica e il suo terri­torio è molto importante per creare una dimensione al- largata dello stadio».
Sì, però intanto anche in B si vedo­no delle tribune che sembrano il de­serto dei Tartari.
«Questo dipende da un processo di “televisionizzazione”, ma anche da una problematica che io definirei di atmosfere poco at­traenti e rassicuranti dovute a stadi che per l’80% sono stati co­struiti negli anni ’40 del secolo scorso, molti dei quali, pur mantenen­do un certo fascino sto­rico, sono inadeguati e andrebbero ristruttu­rati o ricostruiti. Nono­stante tutto, la media delle presenze (5.136 spettatori) è in linea con la passata stagione. E dalla Tv arriva un più 44% di ascolti e una crescita abbonati Sky e Dahlia molto significativa, a di­mostrazione di un interesse sempre maggiore per il nostro campionato».
Ma non si era detto “troppe partite in tv” e che l’obiettivo era riportare i bambini e le famiglie allo stadio?
«Noi stiamo elaborando un proget­to che abbiamo denominato “100mila ragazzi allo stadio”, con lo stadio che entra nella scuola e vice­versa. Per noi lo stadio del futuro non sarà più solo un impianto, ma un luogo dove con­frontarsi e formarsi su questioni ambientali (produzione e consu­mo di energie rinno­vabili e smaltimento differenziato dei rifiu­ti), sulle eccellenze a­groalimentari del ter­ritorio che il club cal­cistico rappresenta degnamente. Il calcio è una risorsa culturale ed è an­che per questo che stiamo partendo con una convenzione con i Beni Cul­turali perché possano accedere ai musei di tutt’Italia gli abbonati e chi è in possesso della “tessera del tifo­so” delle squadre di Serie B».
Ma in B sta funzionando la “tessera del tifoso”?
«Va migliorata, perché da strumento di mero controllo, si arricchisca di contenuti positivi che la rendano at­traente a tutti gli effetti. È quello che noi stiamo facendo, con lo svilup­po del nuovo modello di marketing associativo che va in questa dire­zione. L’auspicio è che tutte queste iniziative contribuiscano anche alla costruzione di una vera cultura sportiva».
Termine che rimbalza spesso,“cultura sporti­va”, ma di cui nessuno sa mai dare una spiegazione convincente.
«La cultura sportiva potrebbe esse­re sintetizzata in una singola parola: “rispetto”. Rispetto per gli avversari, per se stessi, per le regole e per chi è chiamato a farle rispettare prima di tutto. Spesso, tra i giocatori, i tecni­ci e i dirigenti si riscontra un deficit di conoscenza perfino delle regole del gioco. Perciò abbiamo deciso con l’Associazione Italiana Arbitri e la Can B di intensificare gli incontri con le società per sanare questi vuoti cul­turali con un’opera capillare di infor­mazione ».
La prossima settimana si discuterà di riforma dei Cam­pionati. Si va verso un nuovo assetto?
«Mi auguro di sì, con la riduzione della B a 20 squadre (stop ai ripe­scaggi e vecchia Serie C a 60 squadre). Il no­stro torneo non avrà più turni infrasettima­nali e continuerà a di­sputarsi al sabato. Il sa­bato del villaggio or­mai è quello della B e tornare alla do­menica vorrebbe dire scomparire. Mentre noi puntiamo ad “essere”. Es­sere sempre più visibili e crescere in­sieme ai grandi e ai più piccoli del nostro calcio».

lunedì 27 settembre 2010

FAQ (risposte alle domande più frequenti) sulla Tessera del Tifoso, la nuova carta al servizio dei veri tifosi


Breve riepilogo di cos’è e cosa c’è da sapere sulla tessera del tifoso che sarà obbligatoria da questo campionato di calcio, per acquistare l’ abbonamento alla propria squadra del cuore di Serie A, B e Lega Pro e andare in trasferta nel settore ospiti di ogni stadio.
  • Cos’è la Tessera del Tifoso
    La Tessera del tifoso è un nuovo strumento di “fidelizzazione” adottato dalla società di calcio.
    Il progetto pone l’obiettivo di creare la categoria dei “tifosi ufficiali” che diventano i veri protagonisti dell’evento sportivo.
    Tutti i dati personali comunicati dai tifosi sono conservati solo dalle società sportive e utilizzati (nel rispetto della legge sulla privacy) per promuovere servizi e vantaggi per tutti i tifosi di calcio che vanno allo stadio.
    E’ valida in tutti gli stadi senza distinzione tra i vari campionati nazionali.
    La tessera è rilasciata, su richiesta, dalla società sportiva dopo il ‘nulla osta’ della Questura competente.