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domenica 20 febbraio 2011

Berlusconi e il Milan, i 25 anni che hanno riscritto la storia

Primi giorni del 1986: il Milan, già reduce da due retrocessioni (la prima per il calcio-scommesse, la seconda sul campo) è sull’orlo del fallimento, sportivo e societario. Azioni sequestrate dalla Guardia di Finanza, il presidente Giuseppe “Giussy” Farina inseguito dall’accusa di falso in bilancio, Milanello assediata dai creditori. Ma poco prima che i libri contabili finiscano in tribunale, Silvio Berlusconi, dopo una lunga trattativa, il 20 febbraio annuncia l’acquisto del club di via Turati.

Ne cambierà la storia, facendone la squadra più titolata del mondo. E dire che, secondo quanto amava raccontare Peppino Prisco, nei primi anni ’80 aveva cercato di prendere l’Inter, non una ma due volte. Prima da Ivanoe Fraizzoli,poi da Ernesto Pellegrini. Berlusconi, d’altra parte, ha sempre negato simpatie interiste, ripetendo che per lui «il Milan è un’avventura romantica».

Come che sia, in 25 anni sotto la sua guida (e quella dei fidati dirigenti Silvano Ramaccioni, Ariedo Braida e Adriano Galliani) il club rossonero ha vinto tutto quello che c’era da vincere e anche di più. Un lungo elenco di trofei, a partire dal primo scudetto sotto la gestione del Cavaliere, nella stagione ’87-’88. In panchina non c’è più Nils Liedholm, ma una scoperta del Cavaliere, il romagnolo Arrigo Sacchi, tutto zona e pressing. Il verbo preferito di due campioni olandesi, Marco van Basten e Ruud Gullit (ai quali poi si aggiungerà Frank Rijkaard). Nel quarto di secolo targato Berlusconi il Milan ha aggiunto alla sua bacheca 7 scudetti, 5 Coppe Campioni/Champions League e tre volte si è laureato Campione del mondo. All’attivo anche 5 Supercoppe nazionali e altrettante europee, nonchè una Coppa Italia. Ed ha cambiato non poco l’immagine stessa del calcio. Dalle campagne acquisti faraoniche, alla creazione del Milan Lab, centro di ricerca scientifica per ottimizzare la gestione psicofisica degli atleti. Lungo anche l’elenco dei campioni passati per Milanello in questi 25 anni. 

Un’avventura parallela di successi e sapiente autopromozione, quella del Presidente-allenatore e del suo Milan, veicolo di consenso popolare e vetrina internazionale. Perchè nel frattempo l’imprenditore edile e l’inventore della tv commerciale è diventato anche uomo politico di successo. Nel maggio 1994 ha vinto le elezioni alla guida di Forza Italia - altra sua creatura - ed ha varcato il portone di Palazzo Chigi.

Sulla panchina del Milan si sono alternati l’aziendalista Fabio Capello, Alberto Zaccheroni, il ritrovato Carlo Ancelotti, fino a Leonardo e a Massimiliano Allegri. E anche quando gli allenatori sono meteore (vedi l’uruguaiano Tabarez ed il turco Terim), il Milan è sempre una parte importante dell’impero. E nemmeno il coinvolgimento in Calciopoli, al termine del campionato 2005-’06 (con penalizzazione di 30 punti) ha scalfito la passione del Cavaliere. Che qualche tempo fa ha promesso: «Sarò il presidente del Milan per altri 25 anni».

domenica 13 febbraio 2011

Abodi: il bello di essere persone di Serie B

Attenzione, abbiamo scoper­to che per i corridoi di via Ro­sellini, si aggira uno “special one” è il presidente della Lega di Se­rie B Andrea Abodi. Romano 50enne, un esperto di economia dello sport, prestato al calcio che gioca molto di testa. E in testa ha due mission che finora nella palude del sistema pal­lonaro sembravano impossibili, «un calcio a dimensione umana» e un «patto di rilancio di tutto il movimento nella sua globalità». 

Idee che suonano nuo­ve come il suo volto nel conservatorismo del Palazzo di cuoio... 
«So di essere un piace­vole incidente di per­corso. Non è un miste­ro che la mia elezione abbia sorpre­so molti, anche perché la mia can­didatura è maturata dalla base e di questo vado estremamente fiero».
Che conseguenze ci sono state con la scissione dalla Lega di Serie A?
«Sono arrivato a separazione già consumata, ma è stato un distacco indolore. Dividersi per la Lega di B ha significato voltare pagina, com­prendere le proprie peculiarità: ri­manere sì una categoria assistita dal­la Serie A, ma non più calata in una dimensione di pernicioso assisten­zialismo. Inoltre, finita l’era delle conflittualità e la politica dei picco­li orticelli, ora si lavora sulla coope­razione. Se la massima serie alza il suo profilo e cresce in qualità, non va più valutato solo come un aumento del divario con le altre Leghe, ma co­me la possibilità di arricchire l’inte­ro “Sistema”».
La nuova B quindi ora è più auto­noma anche dal punto di vista fi­nanziario?
«La Serie A, attraverso le scommes­se sportive in grandissima parte di matrice calcistica, contribuisce indi­rettamente a finanziare tutto lo sport italiano. E la massima serie ridistri­buisce all’interno del sistema-calcio anche il 10% dei diritti televisivi, con una mutualità che contribuisce al 65% dei ricavi della Serie B. Un altro dei nostri obiettivi è quello di gene­rare da soli oltre il 50% delle entrate».
Gira che ti rigira siamo sempre a par­lare di bilanci e di conti che devono tornare molto prima dei risultati sportivi.
«Sbagliato. Abbiamo una sensibilità a 360 gradi all’interno del- la Lega di B, dalle infrastrutture ai fi­nanziamenti, dal marketing alla par­te tecnico-sportiva. Non esiste un e­lemento o una singola progettualità al centro della quale non ci sia l’ele­mento per me fondante: la “Perso­na”. L’accezione “persona di serie B” che viene usata come dispregiativo, l’abbia­mo ribaltata nell’ingle­sismo fonico “Be” ovve­ro “essere” che è l’input da cui sta nascendo la Fondazione B Solidale.
La “povera” B, rispetto alla ricchissima Serie A, disporrà di una Fon­dazione che mira alla solidarietà?
«Il calcio per il sociale fa molto, ma a volte disperde le ri­sorse, perciò noi abbiamo scelto di seguire dei progetti mirati, come con la Caritas con la quale abbiamo col­laborato nel 2010 in occasione del­l’Anno della Povertà e proseguiremo anche in questa stagione che segna l’Anno del Volontaria­to. Poi dal campionato 2011-2012 ci concentreremo su cinque progetti in altrettan­te categorie: l’infanzia, la ter­za età, la diversa abilità, la ri­cerca scientifica, l’emargi­nazione sociale. Progetti che seguiremo dall’inizio alla fi­ne. Così come continueremo a perseguire anche in campo le tre progettualità principa­li che abbiamo prefissato».
E quali sarebbero le tre pro­gettualità di base?
«La giovane età dei nostri calciatori, la loro italianità e il radicamento al territorio. Rispetto alla passata stagio­ne abbiamo abbassato l’età media dei calciatori di sei mesi (25 anni e 11 mesi). L’81% delle rose sono com­poste da giocatori italiani (10 convocati nell’Under 21) e questo non è una discrimi­nante, perché nell’italianità rientrano anche quei tanti ragazzi di origini extraco­munitaria che sono nati e cresciuti nel nostro Paese. Il rapporto diretto tra una so­cietà calcistica e il suo terri­torio è molto importante per creare una dimensione al- largata dello stadio».
Sì, però intanto anche in B si vedo­no delle tribune che sembrano il de­serto dei Tartari.
«Questo dipende da un processo di “televisionizzazione”, ma anche da una problematica che io definirei di atmosfere poco at­traenti e rassicuranti dovute a stadi che per l’80% sono stati co­struiti negli anni ’40 del secolo scorso, molti dei quali, pur mantenen­do un certo fascino sto­rico, sono inadeguati e andrebbero ristruttu­rati o ricostruiti. Nono­stante tutto, la media delle presenze (5.136 spettatori) è in linea con la passata stagione. E dalla Tv arriva un più 44% di ascolti e una crescita abbonati Sky e Dahlia molto significativa, a di­mostrazione di un interesse sempre maggiore per il nostro campionato».
Ma non si era detto “troppe partite in tv” e che l’obiettivo era riportare i bambini e le famiglie allo stadio?
«Noi stiamo elaborando un proget­to che abbiamo denominato “100mila ragazzi allo stadio”, con lo stadio che entra nella scuola e vice­versa. Per noi lo stadio del futuro non sarà più solo un impianto, ma un luogo dove con­frontarsi e formarsi su questioni ambientali (produzione e consu­mo di energie rinno­vabili e smaltimento differenziato dei rifiu­ti), sulle eccellenze a­groalimentari del ter­ritorio che il club cal­cistico rappresenta degnamente. Il calcio è una risorsa culturale ed è an­che per questo che stiamo partendo con una convenzione con i Beni Cul­turali perché possano accedere ai musei di tutt’Italia gli abbonati e chi è in possesso della “tessera del tifo­so” delle squadre di Serie B».
Ma in B sta funzionando la “tessera del tifoso”?
«Va migliorata, perché da strumento di mero controllo, si arricchisca di contenuti positivi che la rendano at­traente a tutti gli effetti. È quello che noi stiamo facendo, con lo svilup­po del nuovo modello di marketing associativo che va in questa dire­zione. L’auspicio è che tutte queste iniziative contribuiscano anche alla costruzione di una vera cultura sportiva».
Termine che rimbalza spesso,“cultura sporti­va”, ma di cui nessuno sa mai dare una spiegazione convincente.
«La cultura sportiva potrebbe esse­re sintetizzata in una singola parola: “rispetto”. Rispetto per gli avversari, per se stessi, per le regole e per chi è chiamato a farle rispettare prima di tutto. Spesso, tra i giocatori, i tecni­ci e i dirigenti si riscontra un deficit di conoscenza perfino delle regole del gioco. Perciò abbiamo deciso con l’Associazione Italiana Arbitri e la Can B di intensificare gli incontri con le società per sanare questi vuoti cul­turali con un’opera capillare di infor­mazione ».
La prossima settimana si discuterà di riforma dei Cam­pionati. Si va verso un nuovo assetto?
«Mi auguro di sì, con la riduzione della B a 20 squadre (stop ai ripe­scaggi e vecchia Serie C a 60 squadre). Il no­stro torneo non avrà più turni infrasettima­nali e continuerà a di­sputarsi al sabato. Il sa­bato del villaggio or­mai è quello della B e tornare alla do­menica vorrebbe dire scomparire. Mentre noi puntiamo ad “essere”. Es­sere sempre più visibili e crescere in­sieme ai grandi e ai più piccoli del nostro calcio».

venerdì 10 dicembre 2010

Scommesse e camorra Giocatori sotto scacco


"Se prende i soldi e poi lo Stabia non vince, dobbiamo solo ucciderlo". Quanto vale la vita di un calciatore? Se c’è di mezzo la camorra, 25 mila euro e una gara da taroccare. Juve Stabia-Sorrento del 5 aprile 2009 deve finire con la vittoria dei padroni di casa. Lo ha deciso il clan D’Alessandro: il nuovo business della criminalità si chiama scommesse. Legali e clandestine. Il derby attira molte puntate: serve l'aiuto dei giocatori. L’uomo giusto è Cristian Biancone, 33 anni: una carriera spesa tra B e C, ma soprattutto amicizie pericolose. Come Francesco Avallone (uomo fidato del ras Paolo Carolei) che nell’intercettazione spiega quale sarebbe la fine del calciatore in caso di sgarro. Le cose, però, vanno come da piano: lo "Stabia" vince 1-0 grazie al gol propiziato da una papera del portiere Spadavecchia (ex Nazionale Under 20), che secondo i giudici mette 20 mila euro sul k.o. della sua squadra e diventa l'assicurazione "salvapelle" di Biancone. Benvenuti nella Gomorra del pallone. Fiumi di denaro riciclati, partite truccate, scommesse, usura, giocatori e dirigenti collusi o nel migliore dei casi "fruitori" in modo indiretto del Sistema. Quella che sembrerebbe una inchiesta circoscritta a Castellammare è in realtà una cartina di tornasole: la camorra si arricchisce grazie al calcio e alle sue appendici. Basta leggere le quasi 600 pagine dell’inchiesta "Golden gol", condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. E ovviamente non fare l’errore di pensare che tutto si sia concluso con i 22 arresti (compreso Biancone, mentre Spadavecchia da indagato continua a giocare nell’Andria) dello scorso ottobre, dopo le richieste dei pm Pierpaolo Filippelli e Claudio Siragusa.
LA GENESI — "Mezzogiorno: c’era gente davanti al bar, ma non importava. Ho visto D’Antuono: parlava con una persona. Allora ho fermato il motorino rosso a circa 10 metri dall’obiettivo e, con calma, mi sono avvicinato. Non ha avuto tempo di capire nulla: gli ho sparato una raffica di colpi. Poi un piccolo imprevisto: l’uomo che gli stava vicino si è voltato, guardandomi in faccia. Non potevo far finta di nulla: l’ho freddato all’istante, con la pistola calibro 9". Un duplice omicidio. È il più classico dei delitti, l’inizio della attività investigativa che ha portato la Dda a incrociare la propria strada con quella dello sport più popolare del mondo. Un duplice omicidio avvenuto nel vialone che unisce Gragnano a Castellammare. É il 2008 quando il 58enne Carmine D’Antuono, detto o' Lione e affiliato al clan Imparato, rivale storico dei D'Alessandro, cade imbottito di piombo. Muore anche Federico Donnarumma, 42 anni, piccoli precedenti e una grande colpa: trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. I killer finiscono in manette dopo un anno. Raccontano l’esecuzione, preparata da tempo: per uccidere D'Antuono si era pensato a un’autobomba da far esplodere a Pescara, dove il pregiudicato aveva aperto una pizzeria. La morte, però, arriva in un "normale" agguato. Svelato il doppio omicidio, i pentiti diventano collaboratori di giustizia. I pm ora hanno in mano nomi e fatti per scoprire la rete di attività illegali del locale clan regnante. All’improvviso, le distanze dal mondo dello sport si riducono in modo sensibile.
IL SISTEMA — Tutto gira intorno alle scommesse. Un Sistema senza punti deboli. Come prima cosa il clan s’impadronisce delle agenzie attraverso prestanomi e inizia a riciclare denaro fresco. Le norme antimafia per ottenere le licenze? Funzionari compiacenti forniscono gli aiuti necessari: "Non ti preoccupare, ti dico come e quali documenti presentare". Il clan, però, non si accontenta e inizia a succhiare sangue alle società (nel caso di Castellammare la Intralot, ma tutte sono potenzialmente vulnerabili). Da una parte le giocate ufficiali, dall'altra quelle fantasma. La camorra le "banca", in altre parole le gestisce in modo privato: se vince incassa soldi puliti ed esentasse, se perde paga. Ma accade poche volte: le scommesse bancate sono solo quelle ad alto rischio per chi punta. "Juventus, Toro, Udinese e Chievo... Troppa roba, non uscirà mai. Senti a me, questa puntata ce la banchiamo. È un peccato lasciarla a Intralot". Un Sistema ingegnoso che prevede persino "bollette taroccate" da consegnare ai più sospettosi. Non solo, il clan dà anche l'opportunità di giocare d'azzardo, eludendo controlli e i limiti imposti (in Italia per una puntata secca si può al massimo vincere 10 mila euro, salgono a 50 mila se è un sistema) oppure raccoglie scommesse on-line in un sito non autorizzato: "Fallo andare sul www.milanobet.com. Dagli la password per entrare: sopra gli carichiamo 15 mila euro".
L’USURA — Il clan tiene una precisa contabilità per non fare confusione tra i soldi da riciclare e quelli guadagnati. Che reinveste prestando soldi a tassi usurai. "Sei in ritardo: devi pagare oppure scavati la fossa". A occuparsi di questo ramo è in particolare Francesco Cascone, detto 'o Sfregiato. Chiedergli 15 mila euro significa in breve tempo vedersi sfilare una proprietà a Paestum del valore di 250 mila. Il Sistema non lascia nulla al caso: è semplice e redditizio. In 12 mesi il ras Carolei, contribuente a reddito zero per il fisco, mette insieme nel punto di via Pioppaino 4,5 milioni di euro legali: il miglior modo per riciclare i capitali guadagnati con le piantagioni di canapa indiana coltivate sui monti Lattari, guglie alte fino a 1400 metri, attraversate da sentieri impervi e capre al pascolo, con vista sulla penisola sorrentina. Il Sistema prevede infine la ciliegina sulla torta: la frode sportiva.
L'arresto di Giuseppe Postiglione, ex presidente del Potenza. Ansa
L'arresto di Giuseppe Postiglione, ex presidente del Potenza. Ansa
IL RUOLO DEI GIOCATORI — "Non capisco come dopo tutti gli scandali sulle scommesse ci si possa ancora sorprendere: la maggior parte dei calciatori punta su partite aggiustate. C'è un passaparola: impossibile che un risultato concordato sfugga a questa rete". La nostra fonte è un ex giocatore. Il racconto fatto è verosimile. Tra le tanti intercettazioni di Biancone, una è emblematica: l’allora attaccante del Sorrento svela a Francesco Avallone (suo carnefice mancato) di aver saputo in anticipo persino il risultato di Bochum-Energie Cottubs, campionato tedesco: "Hanno fatto una cosa pazzesca in Germania. Sul live di Bochum-Energie si sono giocati in 20 minuti oltre 1 milione e duecento mila euro. Tutti sull'uno. Pensa: all’inizio ha segnato l’Energie. Ehh, un vero capolavoro. Il risultato finale l’ho saputo mezz’ora prima...". Adesso a Biancone le dritte non arrivano più: scarcerato nelle scorse settimane, resta indagato e rischia una condanna. I pm sono convinti che conosca molto bene il Sistema. Se fosse così, sarebbe importante la sua piena collaborazione: il cancro che sta lentamente divorando il calcio ne uscirebbe indebolito. Le metastasi, infatti, sono dappertutto: in Italia non si può puntare sulla gare della serie D perché le agenzie sanno che la criminalità ne disporrebbe con grande facilità. Ma le cose non migliorano tra i professionisti. Nella scorsa stagione il girone meridionale dell’ex C2 non è stato più quotato dopo le vincite pazzesche sul 3-3 di Scafatese-Monopoli (pagato 80 volte la posta). È da struzzi pensare che i giocatori non puntino su un risultato da loro concordato. La camorra non fa questo errore. Tutto è funzionale al Sistema. Lo stesso che entra in un’altra inchiesta: quella del pm Francesco Basentini che ha portato all’arresto, tra gli altri, di Giuseppe Postiglione, ex presidente del Potenza calcio. Il pm Fillippelli sta cercando un contatto tra le due indagini. Un contatto che porta al centro del tumore: il calcio non è solo vittima della criminalità. Sempre più spesso ne è complice. E chi sgarra finisce sotto terra.

venerdì 30 luglio 2010

Poker online: il gioco più amato dagli italiani

Poker che passione! In Italia è diventato il gioco più popolare su internet con ben 1.7 milioni di utenti attivi. La conferma arriva dalla speciale ricerca di mercato G@me in Italy, curata da Doxa e Human Highway, con il patrocinio di Aams.
Piazza d’onore per le scommesse sportivecon 1.1 milioni. Al terzo posto riscuotono un discreto successo le lotterie istantaneecon 200mila persone che tentano abitualmente la fortuna ed il bingo (130mila utenti). Il gioco online coinvolge 5.1 milioni di italiani: la metà risultano giocatori attivi, 930mila “dormienti” e 1.7 milioni sono solo potenziali interessati, come riporta l’agenzia Agipronews.
Agli italiani piace molto giocare su internet anche solo per divertimento: oltre al texas hold’em, sono molto richiesti – secondo gli intervistati dalla Doxa -  i giochi di ruolo e di strategia anche se in questo caso, la concorrenza delle piattaforme gratuite è forte.  Molti hanno espresso il desiderio di dilettarsi online a Monopoli, Risiko e Tetris; i grandi classici non passano mai di moda.
Il futuro dell'intrattenimento è senza dubbio nella rete: in rete i conti attivi sono 1.79 milioni, con un fatturato di quasi 5 miliardi di euro annui. Il poker, nelle previsioni, avrà un incasso di 3.12 miliardi coprendo il 64% del mercato. Con il cash game prenderà il largo: si prevedono altri 5 miliardi annui di raccolta solo per questo tipo di modalità. Lontanissimo il betting sportivo con 1.47 miliardi.

Gli utenti abituali sono 2.5 milioni, il 10% dei dei frequentatori di internet. Un italiano su dieci va in rete soprattutto per giocare. Ma la metà di essi solo “for fun”. Con gli appassionati dei giochi di ruolo e di strategia arriviamo alla soglia di 4.6 milioni di individui. Per quanto riguarda gli utenti che movimentano denaro, invece sono 900mila sia per il poker che per le scommesse.

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giovedì 29 luglio 2010

Poker Sisal

BINGO SISAL

4A THE POKER SUITE

mercoledì 28 luglio 2010

Gioco Digitale



martedì 6 luglio 2010