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giovedì 29 dicembre 2011

Investimento in immobili

Come sai, una delle mie fonti di reddito più importanti è l’investimento in immobili. Con l’esperienza che ho acquisito, ho creato il primo seminario italiano sull’investimento in immobili a cui hanno partecipato migliaia di italiani.
In questo articolo ti voglio distillare le 5 regole chiave per investire in immobili. Sono cose che ho imparato e applico personalmente, quindi diciamo che qui ti mostro quali regole seguo.
Ci sono eccezioni? Certo, ci sono sempre eccezioni, ma solo se conosci le regole puoi trasgredirle!
Investire in Immobili il primo seminario in Italia che ti insegna a investire in immobili, anche senza soldi

Regola 1: Compra immobili solo nelle tue immediate vicinanze

Focalizzati – almeno all’inizio – sulla tua zona di residenza e, se abiti in una grande città, restringi ancora il campo al tuo quartiere o comunque a uno che conosci bene.
Inoltre, dedicati solo ad immobili residenziali, appartamenti o villette. Gli immobili commerciali, anche se possono essere molto profittevoli, hanno altre regole e in generale maggiori difficoltà. Lo stesso per i terreni: puoi fare grossi affari, ma non è qualcosa adatto a chi inizia.

Regola 2: Prendi una zona e diventa esperto

Leggi tutti i giornali di compravendita immobili che trovi e specializzati su quella zona. Devi conoscere realmente bene la zona in cui investi: i trend, il tipo di popolazione e, soprattutto, i prezzi. Devi essere in grado di valutare se un affare è da considerare, appena hai saputo il prezzo.
Il prezzo è l’elemento chiave, ricorda.

Regola 3: Individua venditori molto motivati

Non tutti i venditori sono uguali. Chi ha bisogno di soldi o di vendere – per esempio perché deve trasferirsi in un’altra città o in un altro immobile – è un venditore più motivato di chi ha decine di immobili da vendere.
Non essere timido, indaga, con tatto ma con profondità, sulle motivazioni della vendita. Non accontentarti delle motivazioni generiche che ti rifila l’agente immobiliare. Scopri le reali motivazioni, scopri chi è il venditore. Solo così potrai cercare di volgere la trattativa a tuo favore.

Regola 4: Decidi quale leva finanziaria utilizzare

L’investimento immobiliare va fatto con la leva finanziaria. Se vuoi fare un investimento solo con soldi tuoi non hai capito l’essenza dell’investimento immobiliare. Appunto, la leva finanziaria, la possibilità di investire con soldi non tuoi (ma i guadagni lo sono!)
Decidi se farai un mutuo (se puoi permettertelo) o se coinvolgerai dei partner finanziari. Ricorda che anche i più ricchi hanno bisogno di partner e ricorda anche che una cifra che per te sembra quasi inimmaginabile, per qualcuno può essere normale.

Regola 5: Fai sempre un’offerta scritta

Verba volant, scripta manent. Mai, mai, mai accordi verbali. Anche se si tratta di tua zia o di un amico d’infanzia. Fatti preparare da un legale i modelli in Word dei documenti che devi utilizzare e modificali ogni volta che serve, cambiando i dati, togliendo o aggiungendo clausole.
All’inizio, come ogni cosa, si sembrerà difficile, ma dopo poche volte diventerai esperto nelle basi legali della compravendita di immobili e creerai documenti in un attimo. Ripeto: sempre offerte scritte, mai verbali.
Tutto qua? Non c’è altro? Certo che ci sono centinaia di altre informazioni che devi sapere prima di intraprendere un’attività complessa, ma incredibilente remunerativa in confronto allo sforzo, come è l’investimento immobiliare.
Infatti, oltre al mio seminario base Investire in immobili di 2 giorni tengo altri quattro seminari sui vari aspetti dell’investimento immobiliare.
Ma queste 5 regole sono l’essenza del comportamento di un investitore immobiliare. Ovvero uno che considera le case non come un posto dove vivere, ma come merce che può essere acquistata e venduta con profitto.
Sì, perché ti posso aggiungere questa sesta regola come bonus: non essere un padrone di casa, ma un investitore. Non valutare l’investimento come faresti con la tua casa, elimina l’aspetto emotivo, estetico, il coinvolgimento dei tuoi valori. Ho venduto case in cui mai sarei andato ad abitare, eppure le ho rivendute al meglio, perché le consideravo merce, non proprietà.
L’investitore immobiliare non ama il mattone: ama i soldi che il mattone può portargli. Una sottile, ma essenziale differenza.


Alfio Bardolla

lunedì 27 settembre 2010

Glauco Mauri: «A 80 anni difendo il teatro dalla crisi»

Glauco Mauri non ha paura a chiamarla per nome. «Vecchiaia» butta là con un sorriso che ti fa capire «la serenità con la quale affronto questa stagione della mia vita, l’ultima che, certo, spero sia la più lunga possibile, ma che so dove inevitabilmente sfocerà». L’attore pesarese, uno dei grandi del teatro italiano, il 1 ottobre compie 80 anni. Giusto il tempo di festeggiare e poi si rimetterà in viaggio per l’Italia con il suo ultimo lavoro, L’inganno di Anthony Shaffer che lo vede nella doppia veste di regista e protagonista. «Perché non è passato anno, da quando nel 1949 entrai all’Accademia d’arte drammatica, nel quale non ho fatto teatro. Poco cinema, poca televisione perché per me è sempre stata una necessità dialogare con personaggi come Re Lear, Faust, Edipo. E ora che la vecchiaia mi tiene compagnia con molta tenerezza posso dire di avere una marcia in più, l’umanità che ho imparato dai personaggi che ho portato in scena in tutti questi anni».

Quale, Mauri, le è rimasto più nel cuore?
«Macbeth, personaggio negativo, è vero, che crede di poter dominare la vita, ma anche alla fine si ritrova solo e sconfitto. La sua è una via crucis nell’inferno di un’anima davanti alla quale mi sono sempre posto con una grande pietà. Che è poi il sentimento che tutti dovremmo avere di fronte ad ogni uomo».

Quello che più le assomiglia?
«Uno che non ho interpretato, ma che ho raccontato come regista, il principe Myskin dell’Idiota di Dostoevskij, convinto che la bellezza salverà il mondo».

Uno che non ha ancora affrontato e vorrebbe portare in scena?
«Il Padre nei Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello o Minetti di Bernhard. Ma l’idea folle è affrontare, con la mia barba bianca, il fiume di parole della Winnie di Giorni felici di Beckett, il testo del tramonto di una vita».

E guardando indietro quale il ricordo più bello che conserva della sua?
«Uno, nemmeno a dirlo, legato al teatro. Risale a una domenica pomeriggio del 1954, avevo 23 anni e recitavo all’Eliseo di Roma ne I fratelli Karamazov: era al prima volta che mia madre mi vedeva recitare e ricordo ancora la sua emozione. Una donna con la seconda elementare, infermiera, che parlava solo il dialetto affascinata dalla parola di Dostoevskij. Ecco la forza del teatro, del teatro nel quale credo, un teatro civile inteso come un’arte che aiuta a vivere ponendo interrogativi e suscitando inquietudini. Per realizzare questa idea a 51 anni, deluso dal teatro istituzionale, mi sono deciso e con Roberto Sturno abbiamo fondato una compagnia privata: siamo partiti senza soldi e giravamo anche sessanta città all’anno, cambiano teatro ogni giorno. Massacrante. Ma il senso di libertà che provavamo era impagabile».

Il teatro oggi è in crisi di idee o di soldi?
«Di soldi. Sicuramente. E questo mette in crisi le idee. Ci sono molti giovani di talento ai quali, però, gli impresari offrono solo testi che facciano cassa. Occorrerebbe che tutti tornassero a credere nella vera forza del teatro, quello che vive della parola e dell’uomo che la pronuncia, quello che attraverso la finzione racconta la verità, cerca di comprendere il mondo e di affrontare le grandi domande dell’uomo».

In questo percorso c’è spazio per la fede?
«Non sono credente. Ma ho grande rispetto per chi ha questo dono. Ho fiducia nell’uomo, credo nella pietà e nella comprensione che siamo chiamati ad avere l’uno nei confronti dell’altro. Conservo, però, il libro di preghiere di mia madre, donna di grande fede nella quale ha trovato conforto e la forza di crescermi da sola dopo essere rimasta vedova quando avevo solo 9 mesi. Abbiamo vissuto in una luminosa povertà, ma tra mille difficoltà è riuscita a darmi quella grinta buona che mi accompagna ancora oggi».

Le manca?
«Moltissimo. E mi manca l’onestà, la pulizia di un mondo che non c’è più: mi sento circondato da una volgarità umana che mi sconforta che ieri non c’era e che mi ha permesso di crescere con valori e idee che la società di oggi non è più in grado di trasmettere. Credo molto nei giovani, ma mi sento responsabile per il cattivo mondo che lasciamo loro in eredità».

Pensa mai alla morte?
«Spesso. Ma non mi fa paura. Perché mi ritengo una persona pulita nei confronti della vita. Temo il dolore fisico, certo. E la cosa che mi preoccupa maggiormente è il vuoto che lascerò nei miei cari. Non perché mi ritengo insostituibile, ma perché so cosa significa il dolore di perdere qualcuno a cui si vuole bene».

giovedì 29 luglio 2010

BINGO SISAL