«La nostra battaglia - racconta Renzo Ulivieri, 71 anni, presidente dell’Assoallenatori - è per avere un tecnico diplomato per ciascuna squadra. Adesso ne basta uno per l’intero settore giovanile, magari composto da ben dieci squadre. Passasse questa norma, si moltiplicherebbero i posti». È proprio così, si fatica a trovare spazio anche in panchina, come nella vita lavorativa comune. Non c’entra tanto la crisi economica, che unicamente sforbiciato i budget, ai livelli inferiori, è che l’Italia sforna allenatori o aspiranti tali a un ritmo insostenibile, tanto più se rapportato ai 132 posti nei club professionistici. «L’Associazione italiana calciatori (Aic) - sottolinea Ulivieri - è una libera associazione, non c’è obbligo di iscrizione, a differenza dell’albo del settore tecnico».
Insomma, Renzaccio rappresenta il sindacato allenatori con orgoglio e ardore. «Fra i nostri tesserati, 1.500 sono i professionisti, che hanno sempre svolto solo questa mansione. Pagano la quota annuale, anche se magari per varie stagioni di fila non sono operativi perché non hanno offerte o decidono di declinarle». Alcuni tra questi sono anziani, come Mazzone: «Mai dire mai - raccontava il “Sor Carletto” -, perchè devo mettere i manifesti e annunciare che smetto?.
Prima - riprende Ulivieri - a 65 anni il settore tecnico mandava in pensione, adesso si può restare in attività a oltranza: se uno ha voglia e trova chi lo chiama perché frenarlo? Ammetto che qui ho chiesto il cambiamento della norma anche ad personam... A tanti comunque piace restare legati alla categoria». Eugenio Bersellini ha 74 anni e nel 2007 tornò in panchina al Sestri Levante, in Serie D. Il presidente dell’Assoallenatori suggerisce proprio ai tesserati di scendere fra i dilettanti, anzichè restare inoperosi.
«Chi ha la qualifica di Seconda Categoria, ad esempio, è più bravo, teoricamente, di uno che ha studiato di meno». Altra priorità dell’Aic è l’accesso alla professione, da non riservare agli ex calciatori. «Dovremmo aumentare i corsi, abolire il numero chiuso. Come si fa a dire a uno che non si può iscrivere? Chiunque ha diritto, pagando, di frequentare e presentarsi all’esame, lì magari la promozione non è sottintesa». L’invito dell’Aic è di andare all’estero, come un lavoratore qualsiasi, perché è lì che può avere soddisfazioni superiori e stress inferiore.
«La nostra scuola è importante, riconosciuta, si deve cominciare a lavorare fuori». Nevio Scala si è diplomato anche direttore sportivo, in Italia non allena dal ’97, Attilio Perotti, 64 anni, per una stagione e mezza è stato direttore tecnico del Piacenza. Un modo per reinventarsi una delle professioni più ambite e affollate. Siamo un popolo di allenatori è vero, ma precari.