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sabato 31 luglio 2010

Lega Pro senza soldi: 36 squadre rischiano di non iniziare il campionato

Alcune società faticano a pagare gli stipendi ai calciatori e i tifosi del Venezia lanciano una sottoscrizione per salvare il club
I campionati della Lega Pro (ex serie C) dovrebbero essere le fondamenta del calcio italiano, ma in questa estate post Mondiale sembrano più che altro pali malfermi di decrepite palafitte. Su 90 squadre, 17 non saranno al via del prossimo torneo, nella maggior parte dei casi per problemi economici: otto hanno rinunciato a iscriversi, altre nove sono state bocciate dalla Covisoc, l’organismo che controlla i conti (disastrati) del pallone italiano. Non è finita: al momento sono escluse per inadempienze varie altre 19 società, che hanno presentato ricorso. Deciderà venerdì il Consiglio federale se accoglierlo o meno. Alle non iscritte vanno aggiunte anche Ascoli e Ancona, in teoria inserite nella serie B 2010-2011: se la prima dovrebbe essere in grado di sanare la sua posizione, la seconda è appesa a un filo per non aver presentato nei termini la fideiussione richiesta e la documentazione relativa agli adempimenti previdenziali.

Insomma, un disastro. L’Italia del calcio risente eccome della crisi e vede sparire piazze di provincia, ma anche e soprattutto pezzi di storia. In pochi mesi sono scomparse Mantova(nell’anno del centenario), Perugia e Rimini. Le prime due travolte dal fallimento, la terza perché la cooperativa proprietaria si è stancata di andare avanti e ha messo in vendita il club. Morale, non è spuntato nessun compratore. Rischia grosso anche la Salernitana, mentre in SardegnaOlbia e Alghero hanno già chiuso baracca e anche la Villacidrese si trova in cattive acque. In Puglia si sono dissolte Gallipoli e Monopoli.

Altro che business, il pallone ormai è un giochetto costoso e insostenibile. A Mantova Fabrizio Lori era apparso nel 2004 come un messia in grado di spingere la squadra a lottare per la serie A. Nel 2006 i virgiliani avevano addirittura battuto la Juventus. Meno di quattro anni dopo, fiaccato dai problemi economici delle sue aziende, Lori ha dovuto gettare la spugna. Dietro restano solo macerie: il nuovo Mantova, grazie alla norma che salva il titolo sportivo delle squadre con grande tradizione calcistica, ripartirà dalla serie D. Stessa sorte per il Perugia.

A dipendenti e tifosi non restano che rimedi estremi: i giocatori della Triestina hanno rinunciato agli ultimi stipendi per salvare il club, mentre i supporter della Cavese hanno dato il là a una colletta per raccogliere i soldi necessari all’iscrizione. Simile la trovata dei tifosi del Venezia, che hanno appena lanciato una sottoscrizione popolare per aiutare le casse del disastrato club. Due fallimenti negli ultimi quattro anni l’hanno fatto sprofondare tra i dilettanti. Ora il Venezia United vuol essere il primo esempio di public company applicata al calcio: dieci euro a testa per la tessera, con l’obiettivo di raccoglierne almeno 300 mila e ridare ossigeno alla squadra.

E pensare che nel 2008 la nascita della Lega Pro era stata annunciata tra squilli di tromba dal suo presidente Mario Macalli. Sono bastati due anni per capire che si era trattato solo di una verniciata a un palazzo che già crollava a pezzi. Poche risorse per troppi club, cui si è aggiunto uno scarsissimo appeal per sponsor e spettatori. Laddove non arrivano le pay tv, è difficile trovare i soldi per pagare gli stipendi a fine mese. È una situazione che espone a un rischio concreto: personaggi poco puliti potrebbero proporsi come salvatori per farsi pubblicità o, peggio, per riciclare denaro sporco.

I problemi derivano anche dal gigantismo del calcio italiano. Le squadre professionistiche sono tante: in tutto 132 contro le 92 dell’Inghilterra, le 56 della Germania, le 42 della Spagna e le 40 della Francia. La Football League inglese, l’equivalente della nostra Lega Pro, va a gonfie vele anche perché conta solo 48 squadre. Poche ma buone, in grado di fare il pieno di spettatori a ogni partita. Così uno dei primi rimedi per guarire la Lega Pro potrebbe proprio essere quello di applicare una robusta cura dimagrante ai campionati. Magari evitando anche i ripescaggi.

venerdì 30 luglio 2010

Poker online: il gioco più amato dagli italiani

Poker che passione! In Italia è diventato il gioco più popolare su internet con ben 1.7 milioni di utenti attivi. La conferma arriva dalla speciale ricerca di mercato G@me in Italy, curata da Doxa e Human Highway, con il patrocinio di Aams.
Piazza d’onore per le scommesse sportivecon 1.1 milioni. Al terzo posto riscuotono un discreto successo le lotterie istantaneecon 200mila persone che tentano abitualmente la fortuna ed il bingo (130mila utenti). Il gioco online coinvolge 5.1 milioni di italiani: la metà risultano giocatori attivi, 930mila “dormienti” e 1.7 milioni sono solo potenziali interessati, come riporta l’agenzia Agipronews.
Agli italiani piace molto giocare su internet anche solo per divertimento: oltre al texas hold’em, sono molto richiesti – secondo gli intervistati dalla Doxa -  i giochi di ruolo e di strategia anche se in questo caso, la concorrenza delle piattaforme gratuite è forte.  Molti hanno espresso il desiderio di dilettarsi online a Monopoli, Risiko e Tetris; i grandi classici non passano mai di moda.
Il futuro dell'intrattenimento è senza dubbio nella rete: in rete i conti attivi sono 1.79 milioni, con un fatturato di quasi 5 miliardi di euro annui. Il poker, nelle previsioni, avrà un incasso di 3.12 miliardi coprendo il 64% del mercato. Con il cash game prenderà il largo: si prevedono altri 5 miliardi annui di raccolta solo per questo tipo di modalità. Lontanissimo il betting sportivo con 1.47 miliardi.

Gli utenti abituali sono 2.5 milioni, il 10% dei dei frequentatori di internet. Un italiano su dieci va in rete soprattutto per giocare. Ma la metà di essi solo “for fun”. Con gli appassionati dei giochi di ruolo e di strategia arriviamo alla soglia di 4.6 milioni di individui. Per quanto riguarda gli utenti che movimentano denaro, invece sono 900mila sia per il poker che per le scommesse.

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giovedì 29 luglio 2010

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