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sabato 16 luglio 2011

Facebook non è il Paese dei Balocchi!

Sono sinceramente stanco. Sono stanco delle petulanti, inutili, ripetitive, generiche conversazioni online che riguardano l'utilità o inutilità del Social Media Marketing e Facebook in particolare. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di conversazioni fini a se stesse che di "costruttivo" hanno ben poco.

Certo, è sacrosanto che ognuno esprima liberamente il proprio parere e sarebbe ancor meglio se lo si facesse con un pizzico di umiltà e cognizione di causa, senza affidarsi completamente a pregiudizi, convinzioni, simpatie/antipatie. O meglio, questo dovrebbero fare i professionisti...

Attualmente gli "opinionisti" del social media marketing si dividono principalmente in 2 categorie:

1. Quelli del "Social Figata!", anche detto "vai su Facebook che spacchi". A questa gente abbiamo giàdedicato un video :-)

2. Quelli del "Social Cazzata", anche detto "il social non serve a nessuno e non servirà mai perchè io possiedo la suprema saggezza".

Ho serie difficoltà a scegliere il peggiore tra questi due gruppi dato che entrambi, in maniera differente,manipolano la percezione della gente comune nei confronti del social media marketing.

Il primo gruppo fa pensare a Facebook come il Paese dei Balocchi, dove basta fare una pagina fan ed un pò di spam per avere successo. Facile accorgersi dopo pochissimo tempo che le cose non vanno esattamente in questo modo... :-)

Il secondo gruppo fa pensare a Facebook come il diavolo.

In tutti e due i casi sembra esser ben scarsa la consapevolezza delle "potenzialità" del social network, intese come capacità latenti e non ancora pienamente espresse.

A questo punto vorrei chiarire la mia personale posizione. La sintetizzo di seguito in pochi punti:

1. Facebook non è il Paese dei Balocchi e non basta "esserci" perchè porti risultati.

2. Facebook è un "amplificatore". Un amplificatore, come sai, deve avere qualcosa da amplificare... da solo non ha motivo di esistere. Se hai una bella voce Facebook l'amplifica... se la tua voce fa schifo Facebook probabilmente l'amplifica lo stesso!

3. Le strategie di marketing su Facebook devono far parte integrante di piani di marketing (anche OFFLINE) e devono fare lava sulle 3 principali ed utili caratteristiche di Facebook (secondo me le più utili): 
3.1. Possibilità di relazionarsi e condividere facilmente e velocemente 
3.3. Introduzione nei siti web della "componente (riprova) sociale"

4. Funziona Facebook? Questa domanda non ha alcun senso dato che Facebook potrebbe ben funzionare in alcuni casi e non funzionare affatto in altri. Dipende dal tipo di azienda, prodotto, servizio. Se l'azienda già non funziona, su Facebook continuerà a non funzionare. Se il prodotto fa schifo, su Facebook farà ancora più schifo. Ripeto, Facebook non è il Paese dei Balocchi.

5. Nell'incertezza è bene testare. Dato che il marketing su Facebook è relativamente giovane è opportuno appurarne le potenzialità tramite dei test possibilmente semplici ed a basso costo (che non vuol dire a costo zero). Si potrebbe per es provare una strategia di lead generation (acquisizione contatti, richieste d'informazioni, prenotazioni) utilizzando un apposito tab sulla propria pagina, promosso tramite facebook ads ed altre fonti. Oggi questo metodo sembra funzionare abbastanza bene e per questo su FBS esiste un servizio dedicato. Man mano che incrementeranno le installazioni chiederemo ad alcuni clienti di rendere disponibili, e quindi pubblicare, i loro dati/risultati (o almeno ci proviamo :-)).

6. Non hai veramente testato e NON puoi giudicare il marketing su Facebook se:
6.1 Non hai fatto un'analisi approfondita del tuo target su Facebook
6.2 Ti sei limitato a creare una pagina fan senza alcuna strategia (ed ora che faccio?...)
6.3 Non hai definito obiettivi a breve e medio/lungo termine il più possibile misurabili
6.4 Non hai integrato in maniera strategica Facebook sul tuo sito (integrazione avanzata non vuol dire inserire un banale mipiace negli articoli)
6.5 Non hai definito alcuna strategia finalizzata all'intercettazione di fan in Facebook, attraverso il sito web, online ed offline.
6.6. Non hai creato ed ottimizzato campagne facebook ads utilizzando al meglio l'analisi del target effettuata in precedenza (6.1)
6.7 Non ti impegni in interazione e coinvolgimento dei fan della pagina.

7. Quando monitori i risultati del tuo sito ricorda che i software di analisi non dicono mai tutta la verità. Se le visite dirette crescono chiediti perchè. Se la ricerca del nome del tuo sito su Google si fa più frequente chiediti perchè.

8. Il futuro del posizionamento del tuo sito sui motori di ricerca potrebbe esser condizionato dall'introduzione strategica sul tuo sito di "elementi sociali" quali il mipiace di Facebook o il +1 di Google (LEGGI QUI). La componente sociale potrebbe condizionare il posizionamento "personalizzato" dei risultati dei motori di ricerca e la riprova sociale potrebbe condizionare il CTR (Tasso di click) oltre alla percezione del sito che stai per visitare (ancor prima di visitarlo). Anche solo per questo motivo varrebbe la pena valutare con maggiore attenzione l'uso dei social network... considerando che non è il Paese dei Balocchi ed allo stesso tempo è bene non sottovalutarlo.

martedì 28 dicembre 2010

Il gol della vita, dai campi profughi ai campi di calcio

C'è un altro pallone, di cui non si parla mai. Partite che si disputano sui campi di periferia, dove in 90 minuti ci si gioca un pezzo di libertà conquistata a fatica, pagando sempre un prezzo altissimo, l’abbandono del proprio Paese. È il destino comune dei calciatori di un’intera squadra, la Liberi Nantes, composta da ragazzi di origine eritrea, somala, afgana, etiope, irachena, nigeriana, sudanese. Tutti marchiati dal sigillo della migrazione forzata per sfuggire alla follia della guerra e alle violenze. Una formazione di poeti del gol già nel nome, tratto da un verso del Libro I dell’Eneide di Virgilio. «Le navi degli esuli troiani in fuga dalla loro città in fiamme, fanno naufragio e solo pochi tra loro - "rari nantes" - immersi nel grande mare - "in gurgite vasto" - riescono a raggiungere la riva».


Almeno 350 Enea in fuga, «rifugiati politici», sbarcati sulle coste italiane, stipati in vascelli di fortuna o legati sotto ai camion, racconta il presidente della Liberi Nantes, Gianluca Di Girolami. È stata sua l’intuizione di mettere in piedi questa formazione, unica, un club più multietnico dell’Inter, gestito con innumerevoli sacrifici e con l’appoggio di un gruppo di amici, volontari, che hanno deciso di ridare un minimo di normalità alle esistenze di ragazzi in fuga. «Tre anni fa siamo andati a cercarli nei centri di accoglienza, alla Caritas, invitandoli a venire al campo di Pietralata. La loro casa era così diventata lo stadio "25 Aprile", il campo della mitica Alba Rossa, la formazione della Casa del Popolo». Un fischio d’inizio difficile, precario quanto il quotidiano di questi giovani braccati da un passato che ha lasciato ferite profonde. Ma un pallone ha avuto il merito di lenire un po’ il dolore, di unire lingue, culture e credo religioso, spesso in conflitto tra di loro, sotto un’unica maglia blu: il colore delle Nazione Unite. È il colore della maglia della Liberi Nantes. Formazione che gioca sempre in trasferta e la maggior parte dei suoi “tesserati” non può permettersi neppure il costo del biglietto dei mezzi per muoversi da una parte all’altra della Capitale. Così Gianluca e gli altri volontari, provvedono alle spese per gli spostamenti e al rientro serale nei centri di accoglienza.



Nonostante le innumerevoli difficoltà, la squadra dalla sua fondazione è cresciuta in fretta e amalgamando una Babele in campo, nel 2009, aveva subito impressionato nel campionato di Terza categoria. «Il 9 maggio 2009, ultima giornata di campionato, rimane una data indimenticabile . Sugli spalti si erano dati appuntamento almeno 600 rifugiati, amici e tifosi dei nostri ragazzi», racconta Gianluca con un filo di commozione, ma anche tanta amarezza, perché quello che definisce «un piccolo miracolo», adesso è seriamente a rischio. Ai successi in campo, fanno da contrappasso una serie di disagi che mettono a repentaglio il domani della Liberi Nantes. «Il problema più grave è il campo, quello che ci avevano assegnato è inagibile. E i fondi stanziati, 700mila euro, per le solite grane della burocrazia forse non li vedremo mai. Così, non avendo uno spazio per allenarci, molti dei ragazzi non ci seguono più. La rosa da 25 elementi si è ridotta a 7-8 e ogni domenica siamo costretti ad integrarla giocando alcuni di noi. E noi volontari non è che ce la passiamo meglio, quasi tutti i soci fondatori sono disoccupati». A 41 anni, nonostante una laurea in Lettere, anche Gianluca è rimasto senza lavoro, ma non ha nessuna intenzione di mollare. Continua a fare le convocazioni settimanali e ad appellarsi allo zoccolo duro dei fedelissimi. «Siamo diventati un’armata Brancaleone, ma vorremmo continuare a resistere per esistere e dare assistenza a questi ragazzi». Così Gianluca e gli altri, continuano ad affittare, a loro spese, i campi di calcio dei quartieri romani. «Ci vogliono 100 euro per ogni partita e quando non ci sono neppure quelli è notte fonda. Qualcuno ancora ci dà una mano e dobbiamo ringraziare Scilla Berardi, la presidentessa de “Le Fornaci” e l’ospitalità che la direttrice Mattia Morena ci ha concesso al centro sportivo “Fulvio Bernardini” di Pietralata. Però vorremmo cavarcela da soli». Due campagne di solidarietà sono già in corso. La prima l’hanno intitolata “Vecchio scarpino”. «In questi anni abbiamo acquistato almeno 100 paia di scarpe da calcio, ma dopo cinque mesi sono ridotte da buttare e così non bastano mai». L’altra campagna si richiama al principio originario della Liberi Nantes, “1 metro quadro di libertà”. «Un campo è composto di 6mila metri quadri circa, quindi con 100 euro di donazione per ogni metro si arriverebbe a 600mila euro e con quella cifra il nostro progetto avrebbe ancora avere un futuro». Grandi difficoltà ma anche la speranza che non si arrende «Ho incontrato Pepè – conclude il presidente – un nostro ragazzo della Costa d’Avorio, ed era felice come un bambino. Mi ha detto: “Sai Gianluca, ieri sera dopo la partita, Abdul, l’afgano, mi ha detto che se non sapevo dove andare a dormire poteva ospitarmi a casa sua. E ho dormito lì”. Un cristiano ospite in casa di un musulmano, solo per il fatto di essere compagni di squadra della Liberi Nantes… Finché accadranno ancora questi piccoli miracoli, noi ci saremo»