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giovedì 14 ottobre 2010

Fiorello recita per Turturro «Farò sempre meno tivù»

Mettetevi il cuore in pace. Dice Fiorello: «Difficilmente tornerò presto in tv. Anzi, a dirla tutta questa tivù non fa più per me. Non ci sono più i soldi per fare varietà come Stasera pago io, per ora quindi mi prendo le mie soddisfazioni con gli show dal vivo».

Fiorello parla a margine del film di John Turturro, dove appare in una scena particolarmente efficace. Dice l’attore-regista: «Questo lavoro non è fiction, non è un documentario, non è un musical. Forse è tutte queste cose assieme. Ma soprattutto è un atto d’amore verso una città. E la sua anima». Pur avendo già molta Napoli dentro al cuore (i cinque anni di lavoro attorno a La tregua di Francesco Rosi; i tre per Questi fantasmi! di Eduardo) l’italo-americano John Turturro a tutto pensava, nella sua vita, tranne che a girare un film sulla canzone napoletana. «Quando mi hanno parlato diPassione, cioè di un "viaggio musicale" all’interno del panorama antico e moderno della musica partenopea, senza la pretesa di farne la storia, semplicemente facendomi guidare dai miei gusti e dalla mia sensibilità  – spiega Turturro – ho sentito subito che quel film, per me che ho sempre amato tutta la musica, e che ho sempre adorato Napoli, era il mio film».

Così dopo la favorevole accoglienza alla Mostra di Venezia, il 22 esce sugli schermi questo colorito, ritmato, accattivante "ritratto musicale" di una città, che adunando leggende del passato e nuovi miti (da Enrico Caruso, Sergio Bruni e Fausto Cigliano a James Senese, Pietra Montecorvino e Avion Travel, passando per Massimo Ranieri, Lina Sastri, Peppe Barra, e guest star come Mina – solo in voce – o Fiorello) e offrendoli nell’esecuzione di evergreen intramontabili e classici di sempre (O sole mio, I te vurria vasà, Malafemmena, Tamurriata nera, Catarì, e decine di altri), costruisce attorno ad ogni motivo una piccola storia, una «cartolina sentimentale» da una delle città «più belle e complesse del mondo». Perché hanno proposto "Passione" proprio a me? – si chiede Turturro. «Perché in tempi in cui il nome di Napoli correva abbinato a tristi vicende come quella della spazzatura, volevano che un occhio straniero fosse in grado di rilanciarne, anche all’estero, i valori positivi ed inimitabili». Sul cui valore internazionale, non c’è alcun dubbio: «La canzone napoletana non è solo napoletana: è italiana. Quindi del mondo – asserisce Fiorello (lui canta Carosone, duettando in "Caravanpetrol" assieme allo stesso Turturro) – Io ho sentito perfino gente di Arcore, che canta motivi partenopei».

Fiorello non si definisce un attore: «Anche se Turturro dice che girerebbe volentieri un film con me, in famiglia ci siamo da tempo divisi i ruoli. Io canto e mio fratello Beppe recita». Ma non si ritiene neppure un vero cantante: «Così come non sono napoletano. Eppure già Minghella nel Talento di mister Ripley mi aveva proposto di cantare Carosone. Forse perché, nel fare questo, come in ogni cosa che faccio, io metto tutto me stesso».

venerdì 8 ottobre 2010

Zero crisi, il pallone resta d'oro

Non c’è crisi che tenga, il pallone continua a gonfiarsi. A suon di milioni di euro iniettati nelle casse dei club, che poi ne versano buona parte (più del 60%) nelle tasche dei loro strapagati campioni. Un circolo vizioso, dal punto di vista etico. Ma assolutamente virtuoso sotto il profilo economico.


Il fatturato della Serie A cresce infatti senza sosta: nel 2008-2009 è aumentato di 73 milioni di euro rispetto alla stagione precedente, arrivando a 1498 milioni. Quest’anno le cose dovrebbero andare ancora meglio, perché con gli 860 milioni ricavati dalla vendita collettiva dei diritti tv la quota dei 1500 milioni verrà abbondantemente superata. Grazie a questa novità guadagnano tutti, grandi e piccole. Inter e Milan incasseranno 4,5 milioni in più, la Juve addirittura 10 e la Roma 11. Ma il beneficio si farà sentire soprattutto per la fascia media: 17 milioni in più per la Sampdoria, 14 per il Napoli, 11 e mezzo per il Bari, 10 e mezzo per Genoa e Lazio.

Non c’è quindi da stupirsi troppo se i calciatori continuano a battere cassa, opponendosi al volere della Lega Calcio che vorrebbe imporre contratti legati in buona parte al rendimento. Il calcio va alla grande in tutta Europa: oltre alla Serie A, anche le altre quattro "top league" hanno incrementato il giro d’affari. Secondo gli ultimi dati della Deloitte, la regina resta la Premier League inglese con un incremento del 3%, in parte annacquato dalla svalutazione della sterlina rispetto all’euro: 2326 milioni contro i 2441 dell’anno prima. Al secondo posto la tedesca Bundesliga con 1575 milioni (+10%), al terzo la Liga spagnola con 1501 (+4%). Persino la Ligue francese, al quinto posto dopo la Serie A, continua a contare denari: nel 2008-2009 ha sfondato il milione di euro per la prima volta. 

A gonfiare il pallone ci pensano anche gli sponsor: nelle casse dei club italiani entrano almeno 58 milioni di euro, considerando solo i contratti pubblicitari principali. Le cinque società che incassano di più dallo sponsor principale (Juve, Milan, Inter, Roma e Napoli), hanno visto nell’ultima stagione un incremento medio dei ricavi del 3,6%. Un dato che bilancia la parziale perdita di appeal degli altri 15 club, che hanno perso mediamente il 12,4%. Nel complesso, la Serie A "tiene", cedendo solo il 2,8% rispetto alla stagione 2008/2009. Il dato è solo in apparenza negativo, visto che gli investimenti degli sponsor sul mercato italiano sono calati del 10,4%.  In Europa la Serie A è terza con 3,5 milioni di media per squadra. Il campionato più attraente per i marchi commerciali è la Bundesliga, con una media per club di 6,3 milioni di euro (+ 5% rispetto alla stagione precedente).

La vera miniera d’oro però è la Champions League: da quando c’è la nuova formula, l’Uefa ha elargito milioni a pioggia. Secondo l’analisi di Stage Up, dal 2003 a oggi la squadra che ha incassato più denaro è il Manchester United: 216,6 milioni di euro. Grazie alla vittoria del maggio scorso, l’Inter occupa il quarto posto con 174 milioni, il Milan è nono con 154 milioni raggranellati in sei partecipazioni. Quest’anno il piatto sarà più ricco che mai: l’Uefa sgancerà ai club un totale di 758,6 milioni, circa 10 in più della stagione scorsa. Chi partecipa ai gruppi eliminatori intasca 3,9 milioni a prescindere dalla qualificazione, poi 800 mila per ogni vittoria e 400 mila per il pareggio. Più si vince più si incassa: 3 milioni per chi arriva agli ottavi, 3,3 per i quarti e 4,2 per la semifinale, fino ai 9 milioni per chi vince la Coppa. Senza contare il marketing e gli incassi del botteghino. È questo il vero Pallone d’Oro.